La Mauritania cambia bandiera con un referendum

Inizialmente previsto per 15 luglio, il doppio referendum costituzionale indetto in Mauritania ha avuto finalmente luogo sabato 5 agosto: ai cittadini del Paese dell’Africa occidentale sono stati infatti posti due importanti quesiti riguardanti principalmente l’abolizione del Senato e delle modifiche da apportare alla bandiera ed all’inno nazionale. Il 53.75% dei quasi 1.4 milioni di aventi diritto si è recato alle urne.

Mauritania

I QUESITI REFERENDARI

Il referendum proposto verteva su un doppio progetto di legge riguardante la revisione della costituzione del Paese, adottata il 20 luglio 1991.

Il primo quesito concerneva la soppressione del Senato, fino ad oggi eletto in maniera indiretta. Al posto della camera alta, le novità proposte prevedevano la regionalizzazione del Paese e l’istituzione di consigli regionali eletti direttamente dalla popolazione, che avranno la responsabilità di promuovere e pianificare lo sviluppo regionale. Le vecchie mansioni del Senato sarebbero invece state attribuite alla camera bassa, l’Assemblée Nationale, già eletta in maniera diretta. Il primo quesito riguardava inoltre alcune modifiche riguardanti le istituzioni giuridico-religiose del Paese, visto che la Mauritania riconosce l’Islam come religione di stato, come si evince dal nome ufficiale del Paese, Repubblica Islamica della Mauritania. Per i più avvezzi alle istituzioni islamiche, si tratta dell’istituzione di un Alto Consiglio della Fatwa e dei ricorsi amministrativi (Haut Conseil de la Fatwa et des Recours Gracieux) che andrà a sostituire e ad assumere le funzioni delle tre istituzioni distinte precedentemente esistenti: l’Alto Consiglio islamico, il mediatore della Repubblica e l’Alto Consiglio della Fatwa e dei ricorsi amministrativi.

La parte con minori conseguenze pratiche, ma che ha attirato la maggior attenzione da parte dei media internazionali, era quella del secondo quesito, riguardante l’introduzione di una nuova bandiera e di un nuovo inno nazionale, ovvero le modifiche all’articolo 8 della costituzione del 1991. In realtà, sia nel caso della bandiera che dell’inno, quelle proposte erano piuttosto dei complementi all’esistente. Si richiedeva infatti l’introduzione di alcuni nuovi versi nell’inno nazionale, per dargli un carattere maggiormente patriottico, e l’aggiunta di due bande rosse sui margini superiore ed inferiore della bandiera, per ricordare gli sforzi ed i sacrifici del popolo ed il sangue versato per la patria e per la difesa del territorio nazionale.

Inizialmente era stato proposto anche un terzo quesito, con l’obiettivo di permettere al presidente, il sessantenne Mohamed Ould Abdel Aziz, al potere dal 2008, di concorrere per un nuovo mandato presidenziale, superando il limite di due attualmente imposto dalla costituzione. Dopo numerose proteste, però, lo stesso capo di stato ha annunciato di rinunciare alla corsa per un terzo mandato presidenziale.

Da notare che l’ex presidente del Paese, Sidi Ould Cheikh Abdallahi, vittima di un colpo di stato poco dopo la sua elezione che ha portato al potere proprio Abdel Aziz, si è fortemente schierato contro il referendum, invitando i cittadini a votare contro tutti i quesiti proposti.

I RISULTATI: PASSANO TUTTE LE MODIFICHE

Il responso delle urne ha alla fine dato ragione alle modifiche costituzionali proposte: i cittadini potevano infatti scegliere se dichiararsi favorevoli, contrari o neutrali, ma in entrambi i quesiti i voti favorevoli hanno superato l’85% dei suffragi. Per la precisione, il primo quesito ha ricevuto l’85.61% dei consensi, oltre ad un 4.40% di elettori neutrali ed un 9.99% di elettori contrari, mentre il secondo quesito è stato approvato dall’85.67% dei votanti, con il 4.31% che si è dichiarato neutrale ed il 10.02% contrario.

Sui palazzi delle istituzioni pubbliche della capitale Nouakchott e nel resto del Paese, dunque, sventolerà la nuova bandiera, sebbene i cambiamenti più importanti nella vita politica della Mauritania saranno quelli istituiti con il primo quesito.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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