La Polonia tra vittimismo storico e mire espansionistiche

La Polonia viene spesso presentata e si considera come vittima sacrificale della storia. Tuttavia, il governo polacco ha dimostrato di avere mire espansionistiche in diverse occasioni della storia, coltivando il sogno di una “Grande Polonia” che Varsavia potrebbe realizzare oggi con la spartizione dell’Ucraina.

La Polonia viene spesso presentata come vittima sacrificale della storia europea, come un Paese che nel corso dei secoli ha subito i soprusi delle grandi potenze che la circondano, a partire dalle spartizioni del XVIII secolo, in particolare da parte della Germania e della Russia. Questa narrazione è particolarmente cara alla leadership polacca ed alla propaganda nazionalista del Paese slavo, tanto che in Polonia è praticamente reato ricordare il collaborazionismo polacco con i nazisti ed altri episodi oscuri della storia nazionale.

La realtà storica, però, smentisce il mito della Polonia come martire d’Europa, e ci dice che la Polonia non è diversa dagli altri Paesi europei. Anche Varsavia, infatti, ha sempre avuto mire imperialiste ed espansionistiche, che però si sono spesso scontrate con la realtà della propria debolezza rispetto ad altre potenze. Anche in questi giorni, alla luce della guerra nella vicina Ucraina, la Polonia sta dimostrando di avere un doppio volto: da un lato già si autoproclama prima possibile vittima di un eventuale allargamento del conflitto, dall’altro cerca di trarre beneficio dalla situazione con addirittura la possibilità di impossessarsi di parte del territorio ucraino.

Non va infatti dimenticato che settori nazionalisti polacchi non hanno mai rinunciato alla “riconquista” di quei territori della Galizia che un tempo le appartenevano, quelli, per intenderci, che circondano la città di Leopoli, che gli ucraini chiamano L’viv ed i polacchi Lwów. Volendoci riferire solamente all’ultimo secolo, potremmo ricordare che già tra il 1918 ed il 1919 la Polonia invase l’Ucraina sotto la leadership di Józef Piłsudski (in foto), considerato ancora oggi come l’eroe nazionale polacco.

In quell’occasione, la Polonia ottenne anche il sostegno di potenze straniere come Romania, Ungheria e soprattutto Francia, che speravano che l’invasione polacca potesse contribuire a fermare l’espansione del bolscevismo verso occidente. Tuttavia, i polacchi, contro il parere degli alleati francesi, attaccarono il governo antibolscevico della Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale, guidato da Jevhen Petruševyč, sostenendo che “tutti gli ucraini erano bolscevichi o, se non lo erano, ci assomigliavano molto” (Subtelny, 2000, pp. 367-368). In questo modo, la Polonia conquistò la Galizia ponendo fine all’esistenza della Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale.

In seguito alla guerra polacco-ucraina, che costò oltre 25.000 morti, il nuovo confine venne stabilito lungo il corso del fiume Zbruč, mentre l’Alto Consiglio della Conferenza di pace di Parigi assegnò la Galizia Orientale alla Polonia per un periodo di 25 anni, al termine del quale si sarebbe dovuto tenere un plebiscito. Tuttavia, questa situazione non piacque a molti, e la Società delle Nazioni dichiarò la Polonia nazione occupatrice della Galizia Orientale fino al 14 marzo 1923, quando la regione di Leopoli fu riconosciuta come parte del territorio polacco in cambio della promessa di Varsavia di concedere una forte autonomia alla Galizia (promessa che, invece, si scontrò con le politiche di “polonizzazione forzata”).

Nel frattempo, nel 1921, la Polonia si era impossessata anche di una parte della Bielorussia, come esito della guerra polacco-sovietica, in cui la Polonia ottenne sostegno da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, sempre al fine di fermare l’espansione del bolscevismo. Il governo polacco, tuttavia, aveva come principale obiettivo quello di “riconquistare” i territori che aveva perso in seguito alle spartizioni del 1700, al fine di ricostituire la mitica “Grande Polonia”. Il conflitto costò oltre 108.000 morti e si concluse con la Pace di Riga, che vide Mosca e Varsavia accettare un compromesso. La Polonia fu infatti costretta a rinunciare alla “riconquista” di tutti i territori che furono parte della Confederazione polacco-lituana, ma si vide comunque attribuire nuovi territori appartenenti alla Bielorussia e alla Lituania, compresa la città di Vilnius, denominata Wilno dai polacchi. Questi territori vennero battezzati dal governo di Varsavia come Kresy, ovvero “terre di confine”.

La Polonia aveva però mire espansionistiche anche a sud-ovest, in particolare ai danni della Cecoslovacchia. Alla fine della prima guerra mondiale, i due nuovi stati avevano concordato il confine, tuttavia le mire polacche andavano ben oltre quella situazione di compromesso. Nel 1924, la Società delle Nazioni intervenne per spartire i territori contesi tra Praga e Varsavia, ma la Polonia ebbe l’occasione di dare adito al proprio espansionismo quattordici anni più tardi, nel 1938. La conferenza di Monaco del 1938 vide infatti la cessione di alcuni territori cecoslovacchi dopo che la Germania nazista aveva avanzato le proprie pretese sulla regione di lingua tedesca dei Sudeti. Visto che le potenze occidentali erano state accondiscendenti con le pretese di Adolf Hitler, la Polonia inviò un ultimatum al governo di Praga, occupando nell’ottobre del 1938 la città di Těšín (Cieszyn per i polacchi) e la regione oltre il corso del fiume Olza (la regione della Zaolzie, secondo la toponomastica polacca).

Tra le due guerre mondiali, dunque, la Polonia ha potuto dare adito alle sue mire espansionistiche e revansciste ai danni dei Paesi confinanti, fino all’invasione tedesca del settembre 1939 ed alla provvisoria spartizione del territorio polacco tra Germania e Unione Sovietica.

L’imperialismo polacco ha trovato nuova linfa dopo l’ingresso di Varsavia nella NATO, datato 1999. Nel 2003, quando gli Stati Uniti invasero l’Iraq, la Polonia fu tra i primi Paesi a partecipare alle operazioni militari insieme a Regno Unito e Australia. Il 17 marzo 2003, infatti, il presidente Aleksander Kwaśniewski annunciò l’invio di 2.000 truppe in Iraq, volendo in questo modo dimostrare la fedeltà di Varsavia al suo nuovo padrone statunitense. Ma fu il ministro degli Esteri Włodzimierz Cimoszewicz a scoprire completamente le carte nel luglio del 2003, quando dichiarò quanto segue: “Non abbiamo mai nascosto il nostro desiderio che le compagnie petrolifere polacche abbiano finalmente accesso alle fonti di materie prime”. L’accesso ai giacimenti “è il nostro obiettivo finale“, aggiunse (BBC, 2003). Tali dichiarazioni vennero rilasciate da Cimoszewicz in occasione della firma da parte di un gruppo di aziende polacche di un accordo con una sussidiaria dell’ex società del vicepresidente statunitense Dick Cheney, la Halliburton. Cimoszewicz venne poi censurato e criticato dal suo stesso governo, ma oramai la realtà era stata resa palese a tutti.

Oggi, in Polonia, esistono ancora forze nazionaliste, con legami anche all’interno del governo, che sperano nella “riconquista” dei territori che la Polonia perse a vantaggio dell’Unione Sovietica come esito della seconda guerra mondiale, ovvero la regione di Hrodna in Bielorussia e quella di L’viv in Ucraina. Nel corso delle tensioni che hanno scosso la Bielorussia nel 2020, la Polonia ha già tentato di approfittare della situazione di instabilità a questo fine, come denunciato dallo stesso governo di Minsk. “Abbiamo effettivamente posto sotto controllo i confini occidentali con Lituania e Polonia. E, come dico spesso, abbiamo effettivamente circondato Hrodna per contrastare queste minacce. […] “La Bielorussia è piena di determinazione a salvaguardare la propria sovranità e indipendenza”, aveva dichiarato allora il presidente Aljaksandr Lukašėnka.

Anche nella crisi ucraina, la Polonia sembra intenzionata ad approfittarne nel caso in cui la situazione dovesse degenerare in una spartizione dell’ex repubblica sovietica. Varsavia è infatti particolarmente attiva nel sostenere la continuazione del conflitto, dimostrandosi particolarmente genuflessa alla politica guerrafondaia impostata da Washington. Negli ultimi giorni, le autorità polacche hanno inviato in Ucraina più di 200 carri armati T-72 e diverse dozzine di portaerei corazzate di fanteria, come riferito da Polskie Radio venerdì. 

Secondo i servizi segreti russi, gli Stati Uniti sarebbero in cambio pronti a sostenere le pretese polacche di stabilire il controllo sui suoi “territori storici” in Ucraina. “Secondo le informazioni ricevute dal servizio di intelligence estero russo, Washington e Varsavia stanno lavorando a piani per stabilire uno stretto controllo militare e politico della Polonia sui “suoi territori storici” in Ucraina“, ha affermato il direttore direttore del Servizio di intelligence internazionale russo, Sergej Naryškin

Sulla base delle informazioni dell’agenzia di intelligence, la prima fase di questa “riunificazione” sarebbe l’ingresso delle truppe polacche nell’Ucraina occidentale con lo slogan di “difenderla dall’aggressione russa”. Attualmente, i dettagli della futura missione sono in discussione con l’amministrazione di Joe Biden. “Secondo accordi preliminari, sarebbe condotta senza un mandato della NATO, ma con una ‘coalizione di stati interessati’. Varsavia non è stata ancora in grado di raccogliere potenziali partecipanti per questa ‘coalizione dei volenterosi’“, ha osservato Naryškin. 

Sono in programma piani per schierare un cosiddetto contingente di mantenimento della pace in aree dell’Ucraina dove non avrebbero praticamente alcuna possibilità di incontrare le forze armate russe. E i ‘compiti di combattimento’ prioritari dell’esercito polacco sarebbero di assumere gradualmente il controllo strategico delle strutture situate lì dalla Guardia nazionale ucraina. L’intelligence polacca sta già cercando membri dell’élite ucraina “con cui è possibile negoziare” al fine di formare un contrappeso “democratico” pro-Varsavia ai nazionalisti“.

La leadership polacca spera che questo dispiegamento preventivo nell’Ucraina occidentale porterà alla probabile disgregazione dell’Ucraina, ponendo i territori della regione storica della Galizia sotto il controllo di Varsavia. Si tratta, in sostanza, di un tentativo di ripetere quello che la Polonia considera un patto storico del primo dopoguerra, quando le potenze occidentali riconobbero il diritto di Varsavia di occupare una parte dell’Ucraina per proteggere la popolazione dalla ‘minaccia bolscevica’ e poi annettere questi territori alla Polonia, al fine di rinverdire il sogno della “Grande Polonia”.

Bibliografia

BBC. (2003, 3 luglio). Poland seeks Iraqi oil stake.

Subtelny, O. (2000). Ukraine: a History. University of Toronto Press.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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