Voi ci mangiate con 7 euro?

Una recente indagine di Altis – Università Cattolica per Anseb ha evidenziato la scarsa entità del buono pasto per il personale della Pubblica amministrazione, fermo a 7 euro da anni, insufficiente a coprire le spese del pranzo.

di Federico Giusti (delegato della Cub)

Una recente indagine di Altis – Università Cattolica per Anseb (l’Associazione nazionale delle società emettitrici di buoni pasto) ha riportato alla luce la natura irrisoria del buono pasto per il personale della Pubblica amministrazione, buono fermo a 7 euro per decreto legge ormai da anni. 

La prima considerazione è scontata e riguarda la irrisoria entità del ticket, con questa cifra ormai è forse possibile mangiare un solo panino con bibita e caffè e nelle grandi città bisogna aggiungerci uno o due euro, il fatto che alcuni buoni non siano accettati da alcuni esercizi commerciali perchè le trattenute vengono giudicate eccessive senza alcun intervento da parte dell’Aran e della Consip, la seconda riflessione invece riguarda la modalità di lavoro che vede la pausa pranzo come una sorta di lusso incompatibile con i carichi di lavoro in continuo aumento. 

Oltre la metà della forza lavoro giudica il buono insufficiente a coprire la spesa del pranzo, in molte città occorrono non meno di 14 euro per un pasto appena dignitoso.

Carichi di lavoro intollerabili, esiguità del buono pasto, orari flessibili rendono sempre più difficile la pausa pranzo ed è per questa ragione che molti lavoratori preferiscono utilizzare i buoni per fare la spesa magari portandosi, a costi decisamente inferiori, il pasto direttamente da casa, consumando magari alla scrivania il pasto tra un’incombenza e l’altra.

Vogliamo fare due conti semplici?

  • Un panino, una bevanda e un caffè non costano meno di 8,10 euro;
  • Per un primo piatto, con bevanda e caffè, si arriva a pagare 9,80 euro;
  • Per un pasto completo, invece, i costi arrivano a 15 euro.

Cosa impedisce allora l’aumento del valore del buono pasto? Non c’è la volontà politica di farlo perchè ormai i sindacati rappresentativi sono silenti e accondiscendenti verso questo stato di cose, ogni lavoratore spende in media almeno 5 euro a pasto da aggiungere al ticket restaurant. Se consideriamo 9 rientri pomeridiani, in un mese per mangiare bisogna di tasca propria pagare 45 euro che vanno ad aggiungersi ai costi dei parcheggi, del carburante o dei mezzi pubblici. Eppure il buono pasto non concorre a formare reddito imponibile fino all’importo complessivo giornaliero di 8 euro (nel caso di buono pasto digitale) o di 4 euro (per il buono pasto cartaceo). Nulla osta all’aumento del buono, a impedirlo sono le politiche dei bassi salari e la riduzione dei costi del personale

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About Federico Giusti

Federico Giusti è delegato CUB nel settore pubblico, collabora coi periodici Cumpanis, La Città futura, Lotta Continua ed è attivo sui temi del diritto del lavoro, dell'anticapitalismo, dell'antimilitarismo.

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