Il Venezuela tra sanzioni, minacce belliche ed epidemia

Come tutti i Paesi del mondo, anche il Venezuela sta affrontando in questo periodo l’epidemia da nuova coronavirus. Ma, per Caracas, la situazione è ancora più complicata a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e delle minacce provenienti da Washington e Brasilia.

Come abbiamo avuto modo di sottolineare in altre occasioni, neppure la pandemia da nuovo coronavirus ha convinto il governo degli Stati Uniti a modificare le proprie politiche nei confronti dei Paesi considerati “ostili”: come Cuba, Iran, Siria, Corea del Nord e molti altri, anche il Venezuela continua ad essere sottoposto ad un blocco economico che priva il Paese sudamericano della possibilità di fare fronte all’epidemia nel migliore dei modi. Nonostante tutto, ad oggi il Venezuela ha registrato solamente 146 casi positivi e cinque decessi dovuti al virus.

Ma le mire imperialiste degli Stati Uniti sul Venezuela sono state rese ancora più evidenti dalla recente accusa formulata contro il presidente Nicolás Maduro, che secondo Washington sarebbe reo di favorire il traffico di stupefacenti. Un pretesto che in passato è stato utilizzato per deporre altri capi di stato latinoamericani attraverso golpe militari o altre modalità.

Di recente, l’associazione cubana REDH (Red en Defensa de la Humanidad) ha denunciato i nuovi attacchi del governo degli Stati Uniti contro il popolo e le autorità legittime del Venezuela, attraverso minacce e accuse infondate: “Dopo venti anni di tentativi di rovesciare la rivoluzione bolivariana democratica e pacifica, cercano di giustificare l’invasione del territorio venezuelano violando, come hanno sempre fatto, le regole della legge internazionale”, si legge sul sito dell’associazione.

È la Colombia, e non il Venezuela, il più grande produttore di cocaina sul pianeta. Dei 245.400 ettari di cocaina coltivati nel 2017, il 69,68%, ovvero 171.000, erano nel territorio colombiano“, continua il comunicato della REDH. In effetti, è proprio il vicino del Venezuela, nonché massimo alleato degli Stati Uniti nel continente sudamericano, a figurare al comando di tutte le classifiche mondiali riguardanti il traffico di droga, ma tale dato non è mai stato considerato come degno di nota da parte di Washington. Inoltre, se in Sud America si concentra una quantità importante della produzione mondiale di stupefacenti, è proprio per servire gli Stati Uniti, che da soli consumano il 38% della cocaina ed il 24% della marijuana su scala globale.

Tali dati confermano il sospetto che il traffico di droga altro non sia che l’ennesima scusa per cerca di rovesciare il legittimo governo del presidente Nicolás Maduro, dopo che il tentativo di colpo di stato orchestrato lo scorso anno dagli Stati Uniti e dalla borghesia reazionaria venezuelana si è concluso in un nulla di fatto. Nonostante l’emergenza che stanno vivendo in questi giorni, gli Stati Uniti di Donald Trump non hanno per nulla abbandonato le proprie mire imperialiste sul Venezuela, spalleggiati proprio dalla già citata Colombia e dall’altro governo amico della regione, il Brasile di Jair Bolsonaro.

Come segnalato dal ministro degli esteri di Caracas, Jorge Arreaza, gli Stati Uniti hanno recentemente pubblicato un rapporto nel quale in pratica si propone di rovesciare il governo di Maduro, e questo progetto ha ottenuto il sostegno proprio di Bolsonaro. Il rapporto promuove una “presunta transizione democratica del regime” nella nazione sudamericana e le “dimissioni” del presidente democraticamente eletto dal popolo, verosimilmente per fare posto ad un fantoccio sullo stile dell’oramai dimenticato golpista Juan Guaidó. Arreaza ha anche sottolineato le contraddizioni di Bolsonaro, un presidente che si dichiara nazionalista ma che in realtà “non è altro che una servile caricatura che consegna la propria politica estera e la sovranità del Brasile nelle mani di Washington”. Il governo del Brasile ha infatti pubblicato una dichiarazione sul tema lo scorso mercoledì, in cui ratifica la sua posizione riguardo al Venezuela. Nel testo, esprime “la sua volontà di lavorare con la comunità internazionale per sostenere il processo di transizione democratica in Venezuela“.

In un momento di grave crisi planetaria, dunque, i governi reazionari degli Stati Uniti e del Brasile, due Paesi che stanno vivendo un aumento importante dei contagi, non hanno trovato nulla di meglio da fare se non attaccare il governo democraticamente eletto del presidente Nicolás Maduro. Con il pretesto di fermare il presunto traffico di droga proveniente dal Venezuela, Donald Trump ha schierato le proprie forze aeree e navali a presidio delle acque nei pressi delle coste venezuelane.

Tali operazioni dimostrano la volontà degli Stati Uniti di tentare prossimamente un’invasione del Venezuela, o quanto meno di mettere alla prova le capacità di reazione di Caracas provocando qualche “incidente”. Un’azione che viola tutte le regole basilari del diritto internazionale, cosa che tuttavia non rappresenta una novità, visto che questo è sempre stato ignorato da Washington. Casualmente, tali operazioni avvengono sempre nei confronti di Paesi che presentano due caratteristiche principali: il non allineamento all’ordine mondiale ad egemonia statunitense e la presenza di importanti risorse naturali. Il Venezuela, infatti, è il Paese che dispone delle più grandi risorse di petrolio al mondo, ma figura anche nelle prime posizioni per riserve di gas naturale, oro, coltan e bauxite.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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