Giappone: i liberaldemocratici calano ma mantengono la maggioranza

Le elezioni legislative giapponesi hanno confermato la maggioranza assoluta del Partito Liberal Democratico, nonostante una flessione. Risultato sotto le attese per il Partito Comunista e l’opposizione di sinistra.

Il 31 ottobre gli elettori giapponesi si sono recati alle urne per rinnovare la composizione della Camera dei Rappresentanti (Shūgiin), la camera bassa del parlamento bicamerale giapponese composta da 465 seggi. Le elezioni erano state precedute dalla nomina di Fumio Kishida nel ruolo di primo ministro, dopo che questi era stato eletto come leader del Partito Liberal Democratico (Jiyū Minshu-tō), noto come Jimintō, succedendo in entrambe le cariche a Yoshihide Suga.

I sondaggi pre-elettorali lasciavano presagire un calo della formazione di governo, che, fatta eccezione per le elezioni del 2009, ha sempre dominato le legislative giapponesi. I liberaldemocratici hanno in effetti fatto registrare una flessione nel numero dei seggi, passando da 284 a 261 rappresentanti. Tuttavia, la formazione del primo ministro mantiene la maggioranza assoluta della camera bassa e si mantiene stabile per quanto riguarda i consensi in termini percentuali su scala nazionale (34,66%), nonostante gli scontri tra le fazioni che lo compongono. Inoltre, i liberal democratici potranno continuare a contare sul loro storico alleato di governo, il Partito del Governo Pulito (Kōmeitō), che ha ottenuto 32 seggi, con un incremento di tre rappresentanti e il 12,38% delle preferenze. Questo significa che Fumio Kishida non avrà assolutamente nessun problema nel formare il nuovo esecutivo e portare avanti le politiche che hanno caratterizzato i governi liberaldemocratici degli ultimi anni.

Tra le compagini di opposizione, esce decisamente rafforzato il Partito Costituzionale Democratico del Giappone (Rikken Minshu-tō), noto come Ritsumin. Il partito di centro-sinistra, guidato da Yukio Edano, ha concentrato su di sé i consensi di coloro che si oppongono ai governi del Jimintō, passando da 55 a 96 seggi, e raggiungendo il 20% delle preferenze. Il Ritsumin diventa dunque la forza più in vista tra quelle che hanno formato la piattaforma comune che include anche il Partito Comunista del Giappone (Nihon Kyōsan-tō) di Kazuo Shii, il Partito Socialdemocratico (Shakai Minshu-tō) e la nuova formazione di sinistra Reiwa Shinsengumi

Per quanto riguarda i comunisti, il risultato complessivo è stato sotto le attese con un 7,25% di preferenze e solamente dieci seggi conquistati, due in meno della precedente legislatura, decisamente al di sotto della soglia del 10% alla quale puntava il leader Kazuo Shii. I socialdemocratici hanno ottenuto un solo seggio, mentre Reiwa Shinsengumi, per la sua prima partecipazione elettorale, ne ha conquistati tre. Nel complesso, dunque, l’alleanza tra le forze di centro-sinistra ha beneficiato alla compagine più moderata, penalizando quelle più radicali.

Dopo il Ritsumin, il maggior incremento è stato fatto registrare dal Partito dell’Innovazione del Giappone (Nippon Ishin no Kai), una forza populista di destra che mescola politiche sociali innovative ad un orientamento economico decisamente neoliberista, passata da undici a 41 rappresentanti. Guidato dal sindaco di Osaka, Ichirō Matsui, questo partito ha scalato le gerarchie classificandosi al terzo posto, con il 14,01% dei consensi. Infine, il Partito Democratico per il Popolo (Kokumin Minshu-tō) è entrato nella camera bassa con undici seggi, nonostante un 4,51% su scala nazionale (ma ben sei seggi conquistati nei singoli collegi elettorali). Completano il quadro dieci parlamentari eletti come indipendenti.

La lotta unitaria dei partiti di opposizione in queste elezioni è stata perseguita con la causa di una politica comune e di un accordo sulla cooperazione di governo, e non c’è dubbio che abbia sortito un certo effetto. È stato anche dimostrato che in 62 circoscrizioni a livello nazionale, i candidati che hanno cercato di unirsi all’opposizione hanno vinto la feroce battaglia e hanno sconfitto molti leader del Jimintō e candidati influenti”, si legge nel documento rilasciato dal Presidium del Comitato Centrale del Partito Comunista dopo la pubblicazione dei risultati. “Allo stesso tempo, la lotta unitaria dei partiti di opposizione ha lasciato alcune sfide per il futuro. In particolare, non basta che i partiti di opposizione lavorino insieme per sconfiggere i vari attacchi e trasmettere al grande pubblico la politica comune, la causa della lotta unitaria per l’accordo sulla cooperazione di governo, e l’attrattiva della nuova politica che può essere creata dalla lotta congiunta”.

“Non c’è modo che la politica di autogoverno che non ascolta la voce del popolo possa continuare per sempre. Con l’attuale sistema elettorale, l’unico modo per cambiare la politica del Giappone è combattere insieme. Il nostro partito continuerà a lavorare per sviluppare la via della lotta unitaria. Siamo determinati a fare del nostro meglio per discutere con gli altri partiti di opposizione e trarre lezioni dalla lotta delle elezioni generali e sviluppare una lotta comune tra i cittadini e l’opposizione”.

I comunisti sono poi passati ad analizzare nel dettaglio i risultati ottenuti dal partito: “È un risultato molto deludente essere passati dagli 11 seggi che abbiamo vinto l’ultima volta a 9 seggi nella rappresentanza proporzionale. Il numero di voti ricevuti è sceso da 4,4 milioni a 4,16 milioni e la percentuale di voti è scesa dal 7,90% al 7,25%”. A questi nove seggi, tra i quali figura anche quello del leader di partito Shii, va aggiunto il decimo conquistato da Seiken Akamine nel collegio uninominale del primo distretto di Okinawa, prefettura storicamente favorevole ai comunisti e alle forze di sinistra.

La prossima importante scadenza elettorale per il Giappone avrà luogo nell’estate del 2022, quando gli elettori nipponici saranno nuovamente chiamati alle urne per rinnovare la camera alta, denominata Camera dei Consiglieri (Sangiin). Nel 2022, il Partito Comunista festeggerà anche i 100 anni dalla sua fondazione, avvenuta il 19 luglio 1922.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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