Perù: destituito con un golpe il presidente Pedro Castillo

Il presidente peruviano è stato destituito e arrestato dopo i continui tentativi di impeachment da parte del parlamento. Si apre una nuova stagione di colpi di Stato in America Latina?

Eletto lo scorso anno con un trionfo storico per la sinistra peruviana, il presidente Pedro Castillo ha dovuto subire sin da subito l’ostracismo della destra nazionale, sostenuta come sempre dall’imperialismo nordamericano. Dopo i primi tentativi di non riconoscere la sua vittoria, i settori reazionari hanno tentato in ogni modo di ostruire il lavoro del presidente, approfittando anche di un parlamento molto frazionato, che già in passato ha creato non pochi problemi ai predecessori di Castillo.

Dopo aver superato due tentativi di impeachment da parte del parlamento, Castillo ha dovuto affrontare una nuova mozione per la sua destituzione da parte dell’organo legislativo. Nel suo discorso al parlamento, il capo dello Stato peruviano ha ricordato che, nei 17 mesi della sua amministrazione, la destra parlamentare ha avuto come unico punto all’ordine del giorno quello di rimuoverlo dall’incarico, non riconoscendo i risultati elettorali.

Il 7 dicembre, messo alle strette dalle offensive della destra reazionaria, Castillo ha annunciato lo scioglimento temporaneo del parlamento e l’istituzione di un governo di emergenza nazionale. Il presidente aveva anche affermato di voler convocare nuove elezioni al più presto, e di voler dare vita ad un processo costituente per riscrivere la legge fondamentale del Paese andino. “Questa maggioranza congressuale non si è fermata nel suo obiettivo di distruggere l’istituzione presidenziale. Questa maggioranza totalmente screditata ha impedito di ridurre gli enormi divari sociali“, ha tuonato Castillo, puntando il dito accusatorio contro il parlamento.

In questo duro conflitto istituzionale tra la presidenza e l’organo legislativo, a giocare un ruolo determinante sono stati, come spesso accade in America Latina, i militari. Le forze armate hanno infatti respinto i provvedimenti del presidente, portando all’inevitabile destituzione di Castillo da parte del parlamento, con l’accusa di “incapacità morale”. Di conseguenza, la vicepresidente Dina Boluarte ha assunto le redini del Paese, mentre Castillo è stato arrestato dalla Polizia Nazionale e addirittura trasferito presso la stessa struttura di massima sicurezza dove si trova l’ex presidente Alberto Fujimori, condannato per crimini contro l’umanità. 

Questa situazione rocambolesca ha portato dunque Dina Boluarte a diventare la prima donna presidente nella storia del Perù. Boluarte proviene dallo stesso partito di Castillo, Perú Libre, ma a questo punto risulta molto difficile capire come si posizionerà rispetto alla crisi istituzionale. Nel suo primo intervento, la nuova presidente ha usato toni molto concilianti con le forze politiche dell’opposizione: “Sta a noi parlare, dialogare, raggiungere un accordo, cosa tanto semplice quanto impraticabile in questi mesi. Chiedo un ampio processo di dialogo tra tutte le forze politiche rappresentate o meno al Congresso“. Inoltre, ha rivolto una specifica richiesta alla rappresentanza nazionale per chiedere “una tregua politica per insediare un governo di unità nazionale. Questa alta responsabilità deve essere assunta da tutti“. Boluarte ha anche escluso la possibilità di anticipare le elezioni. 

La destituzione di Pedro Castillo ha naturalmente suscitato le reazioni di molti altri governi, soprattutto nella regione latinoamericana. Il presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador, si è rammaricato della situazione e ha ribadito che “il non intervento e l’autodeterminazione dei popoli è un principio fondamentale della nostra politica estera“. “Tuttavia – ha aggiunto –, riteniamo deplorevole che per gli interessi delle élite economiche e politiche, dall’inizio della presidenza legittima di Pedro Castillo, un clima di confronto e ostilità è stato tenuto contro di lui al punto da portarlo a prendere decisioni che hanno aiutato i suoi avversari a consumare il suo licenziamento“.

Il Messico ha anche annunciato la sospensione del vertice dell’Alleanza del Pacifico, di cui attualmente detiene la presidenza, previsto per il prossimo 14 dicembre. Il ministro degli Esteri, Marcelo Ebrard, ha infatti spiegato che questa decisione è stata presa proprio per via degli eventi peruviani. L’entità di cui fanno parte Cile, Perù, Messico e Colombia avrebbe dovuto riunirsi lo scorso 24 novembre a Città del Messico, ma l’evento era stato rinviato in quanto il parlamento di Lima aveva vietato a Castillo di lasciare il Paese. A quel punto, i quattro Paesi avevano deciso di spostare l’evento proprio nella capitale peruviana, e di riprogrammarlo per il 14 dicembre. 

Anche Nicolás Maduro, presidente del Venezuela, ha espresso la sua preoccupazione per la difficile situazione politica peruviana: “Non siamo coinvolti negli affari interni di nessun Paese, sto solo riflettendo e spero che il popolo peruviano, nel quadro della sua Costituzione, raggiunga prima o poi il suo cammino verso la liberazione, il suo cammino verso la vera democrazia, la felicità e di piena realizzazione. Pace per il Perù, democrazia per il Perù, uguaglianza per il Perù, giustizia per il Perù“. 

Maduro non ha mancato l’occasione per accusare l’oligarchia peruviana della situazione del Paese andino, ricordando che i fautori della destituzione sono gli stessi che non volevano riconoscere la sua vittoria elettorale. Il leader della Repubblica Bolivariana ha inoltre sottolineato che Castillo ha subito “una persecuzione parlamentare, politica e giudiziaria illimitata” nel corso della sua presidenza. “Tutte le circostanze che abbiamo visto sono le élite oligarchiche che non permettono a un semplice insegnante di raggiungere la presidenza del Perù e provare a governare per il popolo. È il messaggio che l’estrema destra manda ai movimenti popolari, ai movimenti progressisti. Non li lasceremo governare“, ha aggiunto.

Dalla Russia, Marija Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, ha invece chiesto che il processo di transizione avvenga senza interferenze straniere

In generale, gli eventi peruviani hanno diffuso, in tutta l’America Latina, il timore di una nuova ondata di colpi di Stato contro i governi progressisti del continente. Non a caso, la destituzione di Castillo è giunta quasi in contemporanea con la condanna della vicepresidente argentina Cristina Kirchner, il cui processo ha avuto connotati strettamente politici. Questi eventi possono essere considerati come in continuità con gli eventi degli anni passati che hanno portato alla destituzione di Evo Morales in Bolivia e alle persecuzioni giudiziarie contro i brasiliani Dilma Rousseff e Luiz Inácio Lula da Silva, ma anche contro l’ex presidente ecuadoregno Rafael Correa.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

There are 2 comments

  1. Il Perù in rivolta dopo il golpe contro il presidente Pedro Castillo | World Politics Blog

    […] “Dalla comprensione di questa realtà dipende il grado di lucidità di un politico progressista o rivoluzionario nella dura contesa per la nostra America tra le forze popolari e l’imperialismo associato alla servile destra locale”, commenta acutamente l’analista di politica internazionale Ángel Guerra su TeleSur. “La candidatura del leader degli insegnanti è stata ripudiata dalle élite razziste e classiste peruviane non appena è stata resa nota e non ha mai avuto la simpatia delle forze armate, che hanno fatto pendere la bilancia contro il presidente nell’ora decisiva”, aggiunge ancora Guerra, confermando l’analisi che noi stessi avevamo formulato nelle ore successive al colpo di Stato. […]

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