Turchia: Erdoğan non vince, sarà ballottaggio con Kılıçdaroğlu

Per la prima volta da quando corre per la presidenza, Recep Tayyip Erdoğan non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, e sarà costretto al ballottaggio contro il candidato dell’opposizione, Kemal Kılıçdaroğlu.

Candidato per un terzo mandato consecutivo alla presidenza della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan sperava di chiudere la pratica al primo turno, come accaduto nelle due occasioni precedenti. Sebbene i risultati non siano ancora definitivi, sembra proprio che questa volta Erdoğan potrebbe essere costretto ad un pericoloso ballottaggio contro il leader dell’opposizione, Kemal Kılıçdaroğlu.

Secondo i dati provvisori, infatti, Erdoğan non sarebbe andato oltre il 49,4% delle preferenze, mancando di poco la fatidica soglia del 50%. La sua formazione politica, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi, AKP), resta decisamente la principale forza del Paese, essendosi assicurato almeno 268 seggi sui 600 che compongono la Grande Assemblea Nazionale Turca (Türkiye Büyük Millet Meclisi), ma mai come in questo caso la maggioranza è stata a repentaglio per l’uomo che ha governato la Turchia negli ultimi due decenni, prima come primo ministro e poi come presidente.

Dall’altra parte, Kemal Kılıçdaroğlu, leader dell’opposizione dal 2010 e capo del socialdemocratico e kemalista Partito Popolare Repubblicano (Cumhuriyet Halk Partisi, CHP) è riuscito a raccogliere attorno a sé il sostegno di altri partiti politici, che gli hanno permesso di ottenere il 45% delle preferenze al primo turno. Al momento, il CHP si è assicurato 167 seggi in parlamento, ai quali vanno aggiunti i 44 scranni del Buon Partito (İYİ Parti) e i 62 del sorprendente Partito della Sinistra Verde (Yeşil Sol Parti, YSP). Buona prestazione anche per il Partito dei Lavoratori di Turchia (Türkiye İşçi Partisi, TİP), che si garantisce almeno tre seggi (con la possibilità di ottenerne un quarto), unica formazione marxista-leninista presente nel parlamento di Ankara.

Nonostante l’ampia coalizione a sostegno di Kılıçdaroğlu, Erdoğan dovrebbe comunque poter contare sul sostegno del Partito del Movimento Nazionalista (Milliyetçi Hareket Partisi, MHP), legato al movimento estremista dei Lupi Grigi, i cui 51 scranni permetteranno, con ogni probabilità, alla coalizione di centro-destra di assicurarsi la maggioranza dell’Assemblea. Anche il Nuovo Partito del Benessere (Yeniden Refah Partisi, YRP), formazione islamista, dovrebbe schierare i propri cinque deputati dalla parte del presidente in carica.

Erdoğan resta dunque il grande favorito sia per il mantenimento della maggioranza parlamentare che per la conferma come presidente, visto che gode comunque di un discreto vantaggio nei confronti di Kılıçdaroğlu. A decidere il ballottaggio potrebbero essere i voti degli elettori di Sinan Oğan, classificatosi terzo con il 5,24% delle preferenze. Oğan, però, proviene a sua volta dall’area della destra nazionalista, essendo stato in passato membro del partito MHP: sebbene abbia affermato di non voler sostenere nessuno dei due principali candidati, è verosimile che i suoi elettori si esprimano in favore di Erdoğan. Muharrem İnce, invece, potrebbe dare indicazione di voto a favore di Kılıçdaroğlu, anche se il suo peso elettorale è davvero minimo (0,43% al primo turno).

Queste elezioni sono particolarmente importanti perché si tratta delle prime elezioni presidenziali da quando il Paese è passato ad un sistema presidenzialista. Nel luglio 2018, infatti, un mese dopo che Erdoğan aveva ottenuto il suo secondo mandato, il governo ha deciso di abolire la carica di primo ministro e di passare da un sistema parlamentare ad uno presidenziale, aumentando dunque i poteri dello stesso Erdoğan. Allora, il leader turco fu aspramente criticato per aver accentrato il potere nelle sue mani, ma in caso di sconfitta quella riforma potrebbe tradursi in un autogoal. Kılıçdaroğlu, invece, propone il ritorno ad un sistema parlamentare che dia maggior potere all’organo legislativo.

Le elezioni turche sono osservate da vicino anche dai principali attori internazionali, ma con preferenze tutt’altro che definite. La vittoria di Erdoğan, infatti, potrebbe tutto sommato essere accolta favorevolmente un po’ da tutti, visto che si tratta di un attore ampiamente conosciuto dalla comunità internazionale, mentre Kılıçdaroğlu potrebbe risultare più imprevedibile dal punto di vista della politica estera. Allo stesso tempo, in molti sperano in una vittoria di quest’ultimo per porre fine alle politiche aggressive che la Turchia ha messo in atto nei confronti di altri Paesi della regione (Siria, Grecia, Cipro) nel corso della presidenza di Erdoğan. Kılıçdaroğlu sembrava inizialmente avere l’ingombrante appoggio degli Stati Uniti e del blocco atlantista, ma il candidato dell’opposizione turca non sembra intenzionato a farsi mettere i piedi in testa da Washington, come del resto neppure Erdoğan.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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