Il doppio volto del MEK: tra partito di opposizione moderata e organizzazione terroristica

Pur presentandosi come forza di opposizione moderata agli occhi dell’opinione pubblica occidentale, il MEK continua a perpetrare azioni terroristiche in Iran per il rovesciamento della Repubblica Islamica, come dimostra il loro stesso sito ufficiale, in cui gli attacchi vengono descritti come atti eroici.

In un nostro precedente articolo, abbiamo riassunto la storia del Mojahedin-e-Khalq, organizzazione politica che ha come scopo dichiarato il rovesciamento della Repubblica Islamica dell’Iran, nota con l’acronimo di MEK o di PMOI (dall’inglese People’s Mojahedin Organization of Iran). Come abbiamo sottolineato in quell’occasione, nel 1997 gli Stati Uniti inserirono il MEK nella lista delle organizzazioni terroristiche, per via del loro modus operandi che effettivamente ricalcava esattamente quello di un’organizzazione terroristica che utilizza attentati per raggiungere i propri scopi.

Nel 2012, gli Stati Uniti hanno tuttavia deciso di iniziare ad utilizzare l’organizzazione ai propri fini di destabilizzazione della Repubblica Islamica e, sfruttando l’occupazione militare dell’Iraq, Paese nel quale si trovavano molti militanti del MEK, hanno stretto taciti accordi con essi. Proprio nel settembre 2012, Washington ha ufficialmente eliminato il nome del MEK dalla lista delle organizzazioni terroristiche, con la stessa leadership dell’organizzazione che ha ufficialmente riconosciuto i propri errori del passato, dichiarando che in seguito avrebbe agito unicamente come forza politica di opposizione alla Repubblica Islamica, rinunciando alla via degli attentati.

Quest’operazione di facciata ha avuto risvolti altamente positivi sia per gli Stati Uniti che per lo stesso MEK. Il governo di Washington, infatti, ha potuto appoggiare Mojahedin-e-Khalq apertamente in funzione anti-iraniana, senza doversi preoccupare troppo dell’opinione pubblica, anzi non sono pochi gli esponenti delle amministrazioni più recenti che hanno espresso il proprio sostegno in favore del MEK in occasioni pubbliche. Dal canto suo, l’organizzazione ha ripulito la propria immagine a livello internazionale, presentandosi come legittima forza di opposizione moderata alla teocrazia iraniana.

Il MEK ha tentato in ogni modo di attirare il sostegno dei gruppi politici progressisti occidentali, che non vedono di buon occhio un regime teocratico come quello della Repubblica Islamica, facendo leva sulla propaganda mediatica che sfrutta il pretesto dei diritti umani e della condizione della donna per fomentare un sentimento anti-iraniano nell’opinione pubblica. Per questo motivo, il programma politico ufficiale del MEK presenta punti quali l’istituzione di una repubblica democratica, la libertà religiosa, la parità dei sessi in ogni ambito della società, la legalizzazione delle bevande alcoliche, libertà di parola, associazione ed espressione, il diritto di scegliere se indossare o meno il velo, tutti argomenti che possono trovare una generale condivisione tra l’opinione pubblica occidentale. Inoltre, il MEK propone anche una stretta alleanza dell’Iran con i Paesi occidentali e il riconoscimento dello Stato di Israele, che secondo numerose fonti sosterrebbe militarmente l’organizzazione.

Questa operazione di facciata di ripulitura della propria immagine, tuttavia, cela una realtà molto più cupa, quella che vede il MEK continuare a portare avanti operazioni terroristiche in Iran, causando gravi danni e vittime sia militari che civili pur di raggiungere i propri scopi politici. Questo volto oscuro del MEK viene chiaramente taciuto di fronte al pubblico occidentale, al punto che il sito ufficiale dell’organizzazione (news.mojahedin.org) non riporta notizie circa gli attentati terroristici, se non nella propria versione in lingua fārsī. Mentre nelle versioni in lingua straniera il MEK si presenta come partito politico di opposizione con una visione moderata, in persiano tutto questo si trasforma in un delirio estremista.

Nella versione in lingua fārsī, appare con frequenza il termine “centri d’insurrezione” (کانون‌های شورشی), che altro non sono che le cellule terroristiche che operano in Iran mettendo in pratica attentati in luoghi pubblici. Questi episodi, che colpiscono continuamente la popolazione militare e civile iraniana, vengono descritti come atti di eroismo dei militanti del MEK, ma poi vengono taciuti di fronte al pubblico occidentale, che certamente non potrebbe accettare il sostegno dei propri governi nei confronti di un gruppo terroristico che si vanta dei propri attacchi dinamitardi.

Ad esempio, nel luglio di quest’anno il MEK ha portato a termine ben 23 operazioni terroristiche per celebrare i 35 anni di quella che l’organizzazione chiama Operazione Forough Javidan (ovvero “Luce Eterna”), un tentativo di invasione del Kurdistan iraniano nel corso degli eventi bellici tra Iran e Iraq. In quell’occasione, il MEK venne sconfitto, subendo numerose perdite, che nel linguaggio dell’organizzazione vengono chiamati martiri. Nell’ambito di questa ondata di attacchi terroristici, il MEK si vanta ad esempio di aver fatto esplodere le caserme delle guardie rivoluzionarie a Ravansar, la sede dell’agenzia stampa nazionale IRNA a Qazvin e numerosi altri edifici pubblici in tutto il Paese, oltre ad aver dato fuoco ad immagini dei leader rivoluzionari iraniani.

Analizzando il sito del MEK in lingua persiana, sono davvero numerosi gli episodi di questo tipo che possono essere riscontrati nel solo anno 2023 (anno 1402 del calendario persiano). Gli episodi terroristici sono spesso organizzati in occasione di anniversari considerati importanti nella storia del MEK, come la già citata Operazione Forough Javidan, o ancora l’instaurazione del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, un’organizzazione e coalizione politica fondata il 20 luglio 1981 e strettamente legata al MEK. Anche in occasione di questo anniversario, infatti, si sono verificati attacchi terroristici contro le guarnigioni delle guardie rivoluzionarie e altri episodi di violenza in tutto il Paese.

Navigando sul sito ufficiale del MEK, si può anche notare come questi attacchi terroristici non siano episodi isolati, in quanto ve ne sono diversi ogni mese, e colpiscono ogni area del Paese. I principali bersagli di tali operazioni sono sedi delle guardie rivoluzionarie e di altre forze armate o della magistratura, e vengono descritti con toni pomposi nel tentativo di esaltare l’operato dei terroristi, fregiati del titolo di “eroi”, il tutto corredato da video celebrativi diffusi attraverso il canale Telegram dell’organizzazione. Un’immagine dunque ben diversa rispetto a quella che viene venduta all’opinione pubblica occidentale, e della quale vogliamo diffondere consapevolezza attraverso questo articolo, affinché non si cada ancora nella trappola di sostenere un’organizzazione terroristica come il MEK.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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