Maldive: il filocinese Mohamed Muizzu vince le presidenziali

Il ballottaggio delle elezioni presidenziali nelle Maldive ha visto la vittoria del leader dell’opposizione Mohamed Muizzu, che ha sconfitto il presidente uscente Ibrahim Mohamed Solih.

Le elezioni presidenziali delle isole Maldive hanno avuto luogo su due turni il 9 e il 30 settembre, con lo scontro decisivo che ha visto la sfida tra il presidente in carica Ibrahim Mohamed Solih e il leader dell’opposizione Mohamed Muizzu. Quella che sarebbe potuta essere una sfida interna al piccolo arcipelago, ha in realtà rappresentato anche lo scontro tra due visioni completamente diverse di politica estera, visto che Solih, leader del Maldivian Democratic Party (MDP), ha sempre prediletto i rapporti con l’India (e in seconda battuta con gli Stati Uniti), mentre Muizzu e il suo People’s National Congress (PNC) vengono considerati come spiccatamente filocinesi.

Secondo i risultati ufficiali, Muizzu ha ottenuto il 54,05% delle preferenze al ballottaggio, con un’affluenza alle urne pari all’87,31% degli aventi diritto. Il leader del PNC aveva ottenuto il miglior risultato anche in occasione del primo turno del 9 settembre, quando Muizzu aveva raggiunto il 46,06% dei consensi, sfiorando la maggioranza assoluta dei consensi, mentre Solih non era andato oltre il 39,05%. Il passaggio di consegne tra Solih e Muizzu è previsto per il prossimo 11 novembre, quando terminerà il mandato dell’attuale presidente.

Come detto, molti analisti internazionali hanno seguito con attenzione le elezioni maldiviane proprio per le implicazioni di politica estera. Nonostante le Maldive siano solo un piccolo arcipelago di circa mezzo milione di persone, la vittoria di Muizzu è in linea con la tendenza che vede sempre più Paesi del Sud del mondo orientarsi verso la Cina, dopo aver sperimentato per decenni l’inefficienza di una posizione filo-occidentale. Hamza Mohamed, giornalista di Al Jazeera, non ha esitato a definire le elezioni presidenziali maldiviane come un referendum sulla politica estera dell’arcipelago, e in particolare una scelta tra India e Cina, ma anche tra Washington e Pechino.

Uno degli argomenti che ha tenuto banco nel corso della campagna elettorale è la presenza di un contingente militare indiano nelle Maldive. Una questione che potrebbe sembrare di poco conto, visto che i soldati indiani di stanza nell’arcipelago sono appena 75, mentre ad esempio in Italia sono presenti oltre 12.000 soldati statunitensi, ma considerata di grande importanza da Muizzu, che ha chiesto la rimozione delle truppe straniere dal suolo nazionale. Dal canto suo, il governo di Nuova Delhi ha risposto che il contingente militare serve per la manutenzione di due elicotteri e un aereo donati al Paese, il che appare come solo un pretesto per mantenere un avamposto nell’Oceano Indiano.

Gli analisti hanno fatto notare come la vittoria di Muizzu rappresenti un duro colpo alla politica di potenza regionale portata avanti dall’India, che evidentemente non riesce ad imporre la propria influenza stabile neppure su un Paese piccolo come le Maldive, mentre la Cina continua ad espandere il proprio soft power a livello globale. Tuttavia, il primo ministro indiano Narendra Modi ha immediatamente tentato di calmare le acque, mandando un messaggio di congratulazioni al vincitore delle elezioni, ed esprimendo la speranza di poter stabilire relazioni positive con il nuovo governo: “L’India resta impegnata a rafforzare la collaudata relazione bilaterale India-Maldive e a rafforzare la nostra cooperazione complessiva nella regione dell’Oceano Indiano“, ha scritto il leader indiano attraverso i social network.

Non dobbiamo dimenticare che, oltre alla collaborazione militare, l’India ha anche importanti interessi economici nelle Maldive, per cui Nuova Delhi ha come obiettivo quello di mantenere buoni rapporti con il governo di Malé anche sotto la guida di Muizzu. L’India ha infatti investito centinaia di milioni di dollari nel settore turistico maldiviano, finanziando inoltre progetti infrastrutturali in tutto l’arcipelago. Al momento, sia la Cina che l’India sono importanti partner economico-commerciali per le Maldive, ma Nuova Delhi potrebbe dover accettare un ruolo secondario rispetto a Pechino sotto il nuovo governo.

Secondo i dati ufficiali, le esportazioni dell’India verso le Maldive sono ammontate a 416 milioni di dollari nel 2021, mentre quelle cinesi verso l’arcipelago hanno raggiunto un valore di 395 milioni di dollari. Un sostanziale equilibrio, sebbene l’India importi prodotti maldiviani molto di più rispetto alla Cina (40 milioni di dollari contro 3,9). Ma Muizzu punta a rinverdire i fasti della presidenza di Abdulla Yameen, sotto la quale i rapporti con la Cina raggiunsero il massimo storico, permettendo alle Maldive di ottenere più di 1 miliardo di dollari in prestiti per finanziare enormi progetti infrastrutturali, una cifra davvero ragguardevole per un Paese di modeste dimensioni. Secondo gli analisti, Pechino potrebbe tornare presto a finanziare fortemente le Maldive con progetti di sviluppo, compresi quelli per combattere il cambiamento climatico che mette a repentaglio l’esistenza stessa dell’arcipelago.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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