Serbia: nuova schiacciante vittoria per il presidente Aleksandar Vučić

Nonostante le accuse dell’opposizione, le nuove elezioni in Serbia non hanno fatto altro che rafforzare la leadership del presidente Aleksandar Vučić, che continua a godere di un forte sostegno popolare.

Il 17 dicembre si sono svolte in Serbia le elezioni legislative anticipate e le elezioni locali, con la schiacciante vittoria del Partito Progressista Serbo (Srpska napredna stranka, SNS) del presidente Aleksandar Vučić su tutta la linea. La coalizione guidata dal SNS, infatti, ha conquistato quasi il 48% delle preferenze e oltre il 50% dei seggi disponibili (per la precisione 128), assicurandosi una maggioranza assoluta nell’emiciclo di Belgrado composto da 250 scranni.

Il presidente Vučić ha annunciato il trionfo della coalizione durante una conferenza stampa presso la sede del SNS, dichiarando che questa vittoria è un risultato assoluto che lo rende molto felice. La coalizione ha ottenuto anche la vittoria nelle elezioni nella provincia settentrionale della Vojvodina, dove ha ottenuto quasi il 49% dei consensi, e nella capitale Belgrado, dove il candidato sindaco Aleksandar Šapić ha superato il 40% delle preferenze. Nel corso del suo intervento, Vučić ha inoltre sottolineato che, nonostante la priorità di perseguire l’adesione all’Unione Europea, la Serbia difenderà la sua integrità territoriale nella provincia meridionale del Kosovo e Metochia.

Vučić, 53 anni, ha iniziato la sua carriera come ministro della propaganda del leader jugoslavo Slobodan Milošević durante le guerre balcaniche degli anni ’90. Questo suo passato non è mai stato digerito dalle forze occidentali, che continuano ad accusarlo di costruire uno stato autoritario modellato principalmente sull’Ungheria di Viktor Orbán, fatto che tuttavia non impedisce a Budapest di far parte dell’Unione Europea e della NATO. Le sue insubordinazioni in occasione delle sanzioni occidentali alla Russia, poi, hanno ancor più indispettito sia Washington che Bruxelles, che non hanno esitato ad utilizzare la questione kosovara come arma di ritorsione contro il governo di Belgrado.

Alle spalle della coalizione che sostiene il presidente Vučić, si è classificata invece la principale forza di opposizione, denominata Serbia contro la violenza (Srbija protiv nasilja, SPN). Nonostante un aumento di consensi rispetto alle elezioni dello scorso anno, la formazione guidata da Marinika Tepić e Miroslav Aleksić resta distante dalla coalizione di governo, con il 24,32% delle preferenze e 65 deputati eletti.

Deludente invece la prestazione della coalizione di sinistra guidata dal Partito Socialista di Serbia (Socijalistička partija Srbije, SPS), che passa da 31 a soli 18 seggi. La compagine guidata da Ivica Dačić, pur restando la terza forza politica su scala nazionale, non è riuscita ad andare oltre il 6,75% delle preferenze, ed ora rischia di essere estromessa dalla coalizione di governo, che invece aveva sostenuto nella precedente legislatura.

Dopo la pubblicazione dei risultati, l’opposizione, probabilmente speranzosa in un sostegno mediatico da parte delle froze occidentali, ha respinto il verdetto, accusando il governo in carica di brogli. Secondo quanto affermato dagli esponenti di SPN, il trasporto di 40.000 persone dalla periferia della città ha alterato drasticamente la volontà elettorale di Belgrado. In risposta a queste accuse, il primo ministro Ana Brnabić ha affermato che si tratta solo di fake news.

L’attenzione internazionale su queste elezioni è stata evidente anche dalla reazione della Russia. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha dichiarato che Mosca ha seguito attentamente le elezioni e ha accolto con favore il successo del partito di Vučić. Peskov ha espresso la speranza che questo successo faciliti lo sviluppo futuro della repubblica e rafforzi l’amicizia e l’interazione rispettosa tra la Russia e la Serbia.

Nonostante le accuse di frodi e le tensioni politiche, il successo elettorale di Vučić sembra rafforzare la sua posizione nel panorama politico serbo. Alcuni analisti ritengono che questo risultato possa essere visto positivamente persino da alcuni esponenti della politica occidentale, poiché un Vučić forte può essere affidabile nell’affrontare le trattative e gli accordi, sia sulla questione del Kosovo che sul possibile ingresso della Serbia nell’UE. Questo a patto che le forze occidentali non stiano tramando una nuova “rivoluzione colorata” con la scusa di presunti brogli elettorali, un copione già molto noto in Europa orientale e nella stessa ex Jugoslavia, dove il momento Otpor! fu il primo esperimento di questo tipo, nato per portare alla destituzione di Milošević.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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