Ora Zelens’kyj deve ricominciare a pagare il debito

A maggio, il Wall Street Journal e altri giornali hanno riferito che BlackRock e altri creditori stanno facendo pressioni sull’Ucraina per ripagare il debito con interessi, dopo una sospensione di due anni, ammontante a circa 500 milioni di dollari all’anno.

Ai primi di maggio il Wal Street Journal e altri giornali, non italiani, ci hanno informato che BlackRock e altri creditori dell’Ucraina, come Pimco (Pacific Investment Management Company, azienda usa di gestione globale degli investimenti), Fidelity (stesso status) stanno facendo pressioni sul paese e sul suo leader, l’impresentabile Zelens’kyj, chiedendo che ricomincino al più presto a ripagare, dopo una sospensione, il debito contratto con gli interessi, i quali ammonterebbero a circa 500 milioni di dollari all’anno.

Due anni fa, per l’insistenza degli Usa e dei suoi satelliti, che li invitavano a non pressare la nazione assediata, i creditori di Kiev dichiararono che avrebbero aspettato due anni per cominciare a riscuotere, ma questa promessa fu fatta quando si prevedeva che la guerra sarebbe terminata nel 2024. E ora sembra che lo scenario sia cambiato e che il cosiddetto Occidente collettivo intenda andare avanti con lo sperato indebolimento della Russia, una cui vittoria sarebbe per gli indefessi fautori dei diritti umani moralmente e politicamente insopportabile. A questo punto i grandi fondi di investimento internazionali hanno perduto la pazienza; bisogna pure capirli.

Sempre secondo la stessa fonte, queste aziende finanziarie avrebbero costituito un comitato e incaricato assessori per giungere ad un accordo con il governo di Kiev, dopo aver concordato due anni fa un piano con l’Ucraina che le avrebbe permesso di mettere da parte circa 6 miliardi di dollari negli anni a venire. Oggi i creditori avrebbero addirittura contrattato un gruppo di avvocati (Weil Gotshal and Manger, studio legale internazionale con più di mille avvocati), e banchieri de PJT Partners(banca di investimento globale), affinché intraprendano trattative con i debitori con lo scopo di ottenere almeno il pagamento degli interessi (500 milioni di dollari) nel 2025 in cambio di “una significativa riduzione del debito complessivo”.

L’ormai decaduto presidente ucraino spera di essere sostenuto in questa ardua trattativa dal governo degli Stati Uniti, che dovrebbe reclamare clemenza da parte degli spietati creditori.

Secondo le informazioni disponibili questo gruppo ultramiliardario di creditori possiederebbe circa la quinta parte dei 20 miliardi di buoni europei circolanti in Ucraina, e questa sarebbe solo una parte del debito totale del paese con prestatori esteri ammontante a 161.500 miliardi di dollari; questa quinta parte genera appunto 500 milioni di dollari l’anno di interessi.

Mentre lo scenario bellico in Ucraina si fa sempre più complesso, se le parti in contesa non arrivassero ad un accordo prima del mese di agosto, l’Ucraina risulterebbe dinanzi al mondo intero incapace di far fronte ai suoi obblighi, il che non le permetterebbe in futuro di chiedere altri prestiti. Appare misterioso come un paese in parte distrutto dalla guerra, con una popolazione irresponsabilmente decimata, con gran parte delle sue famose terre fertili ormai in mano straniera, con la diminuzione del PIL del 30%, possa osare chiedere prestiti per un’ipotetica e lontana ricostruzione. Oltre ciò, si noti che i prestatori hanno ottenuto da Kiev agevolazioni per i loro investimenti come tagli ai costi sociali, privatizzazioni, benefici fiscali etc. Nulla si fa per nulla in questo sistema economico infame.

A questo punto si aprono due scenari: quello del condono di una parte dei debiti, scelta già fatta nel caso in cui si ricavava un vantaggio politico (vedi il caso della Germania occidentale dopo la Seconda guerra mondiale, il cui debito di guerra fu cancellato). Infatti, si è cominciato a parlare di un condono di 4 miliardi di dollari fino al 2027, ben poca cosa rispetto al debito complessivo dell’Ucraina.

Un’altra ipotesi prevede l’impiego, a vantaggio dell’Ucraina, degli attivi dei fondi russi illegalmente congelati da parte degli Stati uniti e dell’Ue, atto che metterebbe in discussione tutto il sistema finanziario internazionale.

Quanto all’uso degli attivi di questi fondi, cui Putin risponderà con il sequestro di quelli occidentali presenti in Russia, il FMI e la BCE hanno espresso la loro contrarietà, ponendo la seguente domanda alquanto sensata: chi sarà interessato ad investire il proprio denaro in Occidente se rischia di essere prima o poi espropriato?

Come si vede, quando si tratta di decisivi interessi politici ed economici, i sostenitori dei diritti inalienabili sono disposti a calpestare un diritto, da loro stessi ritenuto sacro, quello della proprietà, ovviamente altrui.

Da parte sua l’Ucraina già si è messa nelle mani del suo peggior nemico, affidando a BlackRock la consulenza per un programma di ricostruzione del paese, che dovrebbe costare 411 miliardi dollari. La più grande società di investimenti al mondo gestirà il sistema minerario, mentre JP Morgan, anch’essa interessata a questo affare d’oro, interverrà come importante investitrice negli altri settori. Pertanto, anche i questo caso i famelici creditori hanno trovato una soluzione di loro gradimento appropriandosi dello stesso paese e delle sue risorse, che i lavoratori ucraini, devastati dalle ultime vicende storiche, forniranno loro su di un piatto d’argento e a poco costo.

Ovviamente c’è da chiedersi (domanda retorica): possiamo considerare l’Ucraina un paese sovrano e indipendente, quando il suo futuro sta nelle mani delle corporazioni statunitensi, le quali non si faranno scrupolo di spolparla fino all’osso? L’autonomia dell’Ucraina è veramente minacciata dalla Federazione russa, che si era limitata a chiedere il suo non inserimento nella NATO?

Credo ci siano tutti gli estremi perché il popolo ucraino si rifiuti di pagare i debiti accumulati che si configurano come “debito odioso” (termine coniato dal diritto internazionale) contratto da governanti illegittimi, contro la sua volontà e non per promuovere il suo interesse.

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About Alessandra Ciattini

Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. Ha studiato la riflessione sulla religione e ha fatto ricerca sul campo in America Latina. Ha pubblicato vari libri e articoli e fa parte dell'Associazione nazionale docenti universitari sostenitrice del ruolo pubblico e democratico dell'università.

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