Sull’orlo del baratro. Nessuno ha più il diritto di non lottare contro la guerra

Biden approva i bombardamenti contro la Russia e la terza guerra mondiale è più vicina. Uscire dalla Nato, salvare il paese e i lavoratori è il nostro compito imprescindibile.

30 maggio 2024: il teatrino internazionale che affidava a Biden la parte di “colui che riflette” ed è “preoccupato” della svolta “folle” di Jens Stoltenberg – che con la modifica delle regole di ingaggio permette ai missili Usa-Nato di bombardare direttamente la Russia – ha chiuso il sipario, e Biden, tornato sul vero palcoscenico mondiale, ha autorizzato l’Ucraina a colpire la Russia con armi fornite dagli Usa.

La (rapida) “conversione” di Biden è stata resa pubblica, appunto lo scorso 30 maggio, da un alto funzionario nordamericano su «Politico», importante e verosimile punto di riferimento dell’intera catena mediatica Usa.

La decisione di Biden potrebbe essere la dichiarazione della terza guerra mondiale, come è stato immediatamente affermato da Putin, dagli organi di stampa e dai media russi, e da una vastissima parte degli Stati e dei governi del mondo, quello non tenuto alla catena del padrone americano.

Siamo di fronte a un fatto di una gravità tragica e assoluta, che attacca non solo ogni desiderio dei popoli per la pace, ma anche l’intero diritto internazionale: uno Stato, gli Usa, non ufficialmente coinvolto nella guerra tra due paesi da sé lontani (Ucraina e Russia) decide che i suoi missili bombardino uno dei due paesi, la Russia. È come se, in relazione ai tragici “golpe” degli Usa e della Cia in Cile e in Argentina, ai continui tentativi golpisti nordamericani a Cuba, in Venezuela, in Nicaragua, l’Unione Sovietica, e poi la Russia, avessero inviato missili ai popoli e agli Stati colpiti dal “golpe” autorizzandoli a bombardare gli Usa. È come se, in relazione ai terrificanti bombardamenti degli Usa e della Nato sulla Jugoslavia, l’Unione Sovietica, e poi la Russia, avessero armato la Serbia autorizzandola a bombardare le città americane. E ciò appare un paradosso solo alla luce della totale egemonia Usa-Nato sulla politica europea di potere, sui media europei e sul senso comune di massa europeo.

Il generale italiano Giorgio Battisti, già capo di stato maggiore a Kabul della missione Isaf e ora presidente della Commissione militare del Comitato atlantico italiano ha affermato: “Biden ha cambiato idea, ma metterà dei vincoli molto rigidi e si potranno colpire soltanto le piattaforme di lancio che sono state individuate come fonti del fuoco nemico”.1

Solo un generale formatosi nel ventre ideologico della Nato poteva rispondere rimuovendo spudoratamente due veri e propri macigni di verità: primo, “colpire solo le piattaforme di lancio” è comunque colpire la Russia ed essere fuori da ogni norma internazionale; secondo, abbiamo visto in tutta questa fase segnata dall’Operazione speciale russa come Zelens’kyj sia stato capace di spostare sempre più in alto l’asticella degli aiuti economici e militari Usa-Nato-Ue all’Ucraina e dunque sappiamo già a priori che la richiesta pressante di Zelens’kyj sarà quella di superare l’eventuale vincolo volto a bombardare solo le piattaforme russe di lancio, chiedendo di estendere il raggio dei bombardamenti su tutto il territorio russo.

Il “no” degli Usa e dell’Ue alle continue richieste di Zelens’kyj di aumentare l’aiuto militare all’Ucraina è stato un altro prolungato teatrino, che ha visto sempre “un ulteriore atto” segnato dall’invio di sempre più massicci e potenti armamenti all’Ucraina.

Il fatto è che la storia, invece di finire con l’unipolarismo, è cambiata, e un potente fronte antimperialista si sta progressivamente estendendo e consolidando attorno ai Brics originari e trova il proprio epicentro nella Repubblica Popolare Cinese. L’aggressività militare di Usa, Nato e Ue è il violento colpo di coda di un animale ferito a morte e terrorizzato di morire. Il terrore del proprio declino, della sconfitta storica dell’imperialismo atlantico contempla oggi, per sopravvivere, la possibilità di una terza guerra mondiale.

Tra il contemplare questa follia e il timore di giungerci davvero, bascula il pendolo di Washington, che adesso batte l’ora della guerra e da questa inclinazione non sarà facile che si ritiri.

Impressionante è stata l’accelerazione – dopo la linea imposta dal segretario generale della Nato, Stoltenberg, volta a “rompere gli indugi” e dichiarare la liceità dei bombardamenti sulla Russia con armi Usa, Nato e Ue – degli Stati e dei governi Ue verso la guerra. Energicamente trainati dal ministro degli Esteri ceco Jan Lipavský, che ha trovato in Macron la propria “guida spirituale”, si sono allineati sul fronte di guerra Francia, Svezia, Olanda, Finlandia, Norvegia, Polonia, Danimarca, Regno Unito e Canada, con Belgio, Ungheria e Slovacchia (ed ecco spiegato il recentissimo tentativo di assassinio, non da parte di un poeta un po’ matto, ma da parte dei servizi segreti angloamericani, di Robert Fico, primo ministro della Slovacchia contraria ad inviare armi a Kiev) non in linea con la Nato. Perfino i paesi originariamente più riottosi a consentire i bombardamenti in territorio russo, come la Germania, a dimostrazione dell’autonomia zero dei governi europei, dopo la decisione degli Usa hanno svoltato, autorizzando gli ucraini a “difendersi” colpendo la Russia entro i propri confini, e il governo Meloni, per il momento, dichiara che le sue armi non devono essere utilizzate in territorio russo, ma si impegna a fornirle ancora di più, nonostante la sciagurata posizione degli alleati. Uno schieramento di guerra, quello Usa-Canada-Ue-Gran Bretagna, e ora anche Germania, che rievoca tragicamente il 47° Convegno del G7 in Cornovaglia nel giugno del 2021, dove si mise a punto il progetto per la costruzione di un vasto fronte militare mondiale per la guerra contro la Russia e la Cina.

Nella fase politicamente turbolenta prodotta dalla decisione Usa di bombardare la Russia, sarebbe facile dimenticare i motivi che hanno spinto Putin all’Operazione speciale. A meno di non introiettare le “verità” propinate dal mainstream atlantico che punta ad alimentare la non certo recente russofobia, è doveroso e imprescindibile ricordare che col golpe Usa-Nato-Ue del 2014 a Euromaidan nacque e si consolidò il progetto brutale e dissennato di trasformare l’Ucraina nella più grande base Nato al mondo, ai confini con la Russia, dotata di missili nucleari capaci di colpire Mosca in 8 minuti. Una scelta così terroristica e pericolosa per l’intero quadro mondiale da spingere recentemente, come risposta e provocazione, Daniel Ortega a chiedere alla Russia e alla Cina di collocare in Nicaragua, dunque ai confini con gli Usa, le loro testate nucleari.

Vladimir Kulišov, comandante russo di frontiera, in servizio sul confine russo-ucraino, ha rivelato in questi ultimi giorni, e reso pubblico in tutta la Russia (ma il mainstream occidentale naturalmente ha chiuso gli occhi), che le forze della Nato stanno organizzando e simulando, appunto sul confine russo-ucraino, attacchi nucleari contro la Russia.

Rispetto a tutto ciò, un membro autorevole del Comitato di Difesa della Duma di Stato, Viktor Sobolev, ha invitato la Russia a prepararsi per un eventuale attacco nucleare della Nato, affermazione che in Occidente, con la consueta mistificazione faziosa, è stata interpretata non come un’eventuale risposta a un attacco nucleare americano, ma come una pulsione russa alla guerra nucleare.

Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha recentemente affermato che “anche i missili a corto e medio raggio statunitensi collocati nei paesi europei potrebbero giungere a colpire gli obiettivi strategici russi, anche quelli nucleari… E figuriamoci se questi missili americani, come chiede Zelens’kyj, fossero spostati sul terreno ucraino e poi sul confine russo-ucraino e l’esercito ucraino avesse, da parte di Biden, l’autorizzazione a usarli, che altro non sarebbe che una degenerazione, certo non inverosimile, dell’attuale decisione assunta dal presidente Usa di bombardare le postazioni russe… Ciò che sta accadendo non è una sfida solo per noi. La dichiarazione congiunta che ha fatto seguito alla recente visita del presidente Putin in Cina ha rilevato che la destabilizzazione profonda portata avanti dagli Usa non riguarda solo la Russia ma anche la Cina. Pertanto, Russia e Cina hanno deciso di intensificare i loro rapporti di cooperazione politica e militare al fine di fronteggiare le minacce statunitensi”.2

Un quadro di conflitto mondiale da scongiurare ma drammaticamente possibile che ha come base la percezione di fine della propria egemonia mondiale da parte del fronte imperialista.

Ciò che colpisce, in Italia, è il gap drammatico, anche e soprattutto in questi giorni così oscuri, tra la possibilità di un conflitto mondiale e la mancanza sia di un sentimento di massa di paura della guerra, sia, conseguentemente, di una risposta di massa contro la guerra e contro la Nato.

Qual è, oggi, il primo compito dei comunisti se non quello di ritrovare un’unità che renda possibile la costruzione di un fronte popolare contro la guerra e contro la Nato?

A partire da ciò, il messaggio a tutti i comunisti e le comuniste non può che essere questo: non perdiamo più nemmeno un giorno a unirci, a far cadere gli steccati e, insieme, lavoriamo alacremente per costruire sul campo un vasto movimento contro la guerra e per l’uscita dell’Italia dalla Nato, unica strada e speranza di realizzare la pace e una nuova civiltà.

Note:

1 «Corriere della Sera», 31 maggio 2024
2 Ria Novosti, 30 maggio 2024

Articolo pubblicato su futurasocieta.com

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About Adriana Bernardeschi

Laureata in Fisosofia, lavora in ambito editoriale. Ha militato fin dall’adolescenza in movimenti e partiti comunisti. Collabora con il Centro Studi “Domenico Losurdo”.

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