
I sondaggi non avevano torto: il primo turno delle presidenziali della Repubblica Ceca (affluenza del 61,31%), svoltesi per la prima volta con il voto diretto dei cittadini, ha visto un grande equilibrio tra i candidati. Nessuno dei nove pretendenti è riuscito a raccogliere oltre il 50% dei suffragi, e quindi sarà necessario un secondo turno tra i due candidati più votati per decidere chi sarà il successore di Václav Klaus. Il secondo turno si svolgerà tra il 25 ed il 26 gennaio.
Miloš Zeman, sessantottenne già Primo Ministro tra il 1998 ed il 2002, ha ottenuto il 24,21% dei voti. Zeman, ex leader dei socialdemocratici, ha fondato nell’ottobre 2009 il Patrito dei Diriti Civili – Popolo di Zeman (Strana Práv Ob?an? – Zemanovci, SPOZ), un partito di centrosinistra che deve il suo successo proprio al prestigio ed alla notorietà del suo fondatore.
L’avversario di Zeman sarà Karel Schwarzenberg, che ha ottenuto il 23,40% dei voti, ovvero solamente 41.000 preferenze in meno del suo rivale. Schwarzenberg, 75 anni, è un nobile di origine austriaca ed è Ministro degli Esteri dal 2010, ruolo che aveva già ricoperto tra il 2007 ed il 2009. Schwarzenberg è leader del partito conservatore di centrodestra TOP09 (Tradice Odpov?dnost Prosperita 09, ovvero “Tradizione Responsabilità Prosperità 09”). Creato nel 2009, TOP09 è uno dei principali sostenitori del libero mercato e dell’Union Europea.
Delusione, invece, per Jan Fischer, che veniva dato al secondo posto dai sondaggi, ma che ha superato appena il 16% dei voti, mentre l’artista Vladimír Franz ha ottenuto il 6,84%.
Miloš Zeman ha tentato di riassumere la scelta che si troveranno a dover fare i cechi il 25 e 26 gennaio prossimi: “Si tratta di una sfida tra un candidato di sinistra ed uno di destra”. Sebbene Zeman si consideri di sinistra, non va dimenticato che fu lui a suscitare una forte polemica quando paragonò il leader palestinese Yasser Arafat ad Adolf Hitler, attirandosi le critiche dell’Unione Europea e della Lega Araba. Lo stesso Zeman è stato un grande sostenitore del programma nucleare ceco, fino a suscitare una bagarre con gli austriaci che vi si opponevano, denominati da Zeman “idioti”. Infine, Zeman ha giustificato l’attacco statunitense all’Iraq attraverso false testimonianze su un eventuale incontro tra alcuni ufficiali dei servizi segreti iracheni ed uno dei presunti attentatori, che si sarebbe svolto a Praga, fino a quando non fu chiaro che questo incontro non era mai avvenuto.
Si tratterà comunque, viste le premesse, di un duello all’ultimo voto. Il problema è che, chiunque ne esca vincitore, non sembra prospettarsi un bel quinquennio per i cechi.
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