Sardine sott’olio: un movimento per la conservazione

Nato a Bologna, il Movimento delle Sardine ha conquistato le prime pagine dei giornali, pur essendo completamente privo di idee ed avendo dimostrato una spiccata propensione alla conservazione.

Il Movimento delle Sardine è sicuramente diventato, nell’arco di poco tempo, un protagonista di primo piano della scena politica italiana, andando a conquistare le prime pagine dei giornali ed i riflettori di tutte le reti televisive. A sinistra, in molti hanno salutato con favore la nascita di questo movimento: in fondo si tratta di giovani che scendono in piazza e fanno politica, si è detto, non può che essere positivo.

In realtà, in tutto questo tempo le Sardine non hanno formulato alcuna proposta politica degna di questo nome. Le numerose apparizioni televisive del presunto leader, Mattia Santori, lasciano esterrefatti per la vuotezza dei contenuti e per il riproporre schemi antichi ed unicamente votati al politicamente corretto. Come giustamente è già stato fatto notare da altri, le Sardine rappresentano il primo movimento che si scaglia contro l’opposizione, risparmiando ogni critica nei confronti delle forze al governo, quelle che effettivamente hanno, almeno in teoria, il potere decisionale sulle sorti del Paese.

Solamente in una situazione politica povera di ogni formulazione valida un movimento di questo tipo poteva essere fatto passare come avanguardista. Al contrario, ci sembra che le Sardine, siano state o meno un movimento spontaneo alla nascita, siano un mero strumento nelle mani del Partito Democratico, da sfoderare contro la Lega nella lotta per il potere tutta interna alla borghesia italiana. Per chiarezza, questo non significa che tutti i manifestanti siano in cattiva fede, ma semplicemente che, consapevoli o meno, sono stati e saranno strumentalizzati in questo senso.

Insomma, le Sardine sono un movimento privo di proposte e fino ad ora non in grado di formulare una pars contruens, ma solamente una pars distruens, quella, certamente legittima ma insufficiente, contro la Lega e Matteo Salvini. Come dimostrano gli oramai famosi “sei punti” delle Sardine, il movimento in questione sembra piuttosto provare nostalgia per una politica passata, sempre naturalmente nell’ambito della democrazia borghese, che non c’è più per colpa del linguaggio violento, degli atteggiamenti poco istituzionali e dei post sui social network utilizzati da Salvini e soci.

Il primo ed il secondo punto (“Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a fare politica invece che fare campagna elettorale permanente” e “Pretendiamo che chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente su canali istituzionali“) dimostrano pienamente questa voglia di conservazione, se non addirittura di restaurazione, favorevole ad una politica più tradizionale, rinchiusa nel palazzo ed ingessata nelle comunicazioni ufficiali. Orwelliano risulta, invece, il quarto punto (“Pretendiamo che il mondo dell’informazione protegga, difenda e si avvicini il più possibile alla verità“), che ricorda l’istituzione del ministero della Verità nel romanzo “1984”, tralasciando però un punto fondamentale: a chi spetta la decisione su quale sia la Verità?.

I “sei punti”, nati probabilmente nel tentativo di palesare la presenza di qualche forma primordiale di ideologia politica all’interno del movimento, ne dimostrano in realtà il totale piattume intellettivo dal punto di vista politico. Se Salvini fa leva sulle reazioni istintive e primordiali delle masse, le Sardine rappresentano il suo esatto corrispettivo, prendendo le mosse dai sentimenti opposti, quelli sicuramente più nobili contrari alla discriminazione ed alla violenza, ma restando comunque all’interno della sfera sentimentale ed istintiva, vincolata al politicamente corretto, senza passare a quella intellettiva, dando vita ad una battaglia tra “cattivisti” e “buonisti”.

Per concludere, il Movimento delle Sardine sembra rievocare una frase scritta da un personaggio di tutt’altra caratura, Antonio Gramsci: “Grandi masse, precedentemente passive, sono entrate in movimento, ma in un movimento caotico e disordinato, senza direzione, senza precisa volontà politica collettiva”.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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