Nord Stream: gli Stati Uniti impediscono indagini indipendenti sull’attentato

Le rivelazioni di Seymour Hersh dimostrano come gli Stati Uniti siano pesantemente coinvolti negli attentati contro i due gasdotti Nord Stream, e proprio per questo non possono essere in grado di garantire indagini indipendenti e obiettive sull’accaduto.

Nel mese di febbraio, le rivelazioni pubblicate dal giornalista statunitense Seymour Hersh hanno portato alla luce quello che in molti gia pensavano, ovvero l’implicazione degli Stati Uniti d’America nella serie di attentati terroristici contro i gasdotti Nord Stream, che permettono il trasporto del gas russo in Germania. Nonostante stiamo parlando di un giornalista apprezzato in tutto il mondo, già vincitore del Premio Pulitzer, le notizie pubblicate da Hersh sono state censurate dalla maggioranza dei media occidentali, che invece hanno continuato a proporre versioni fantasiose come quella dell’auto-attentato russo.

In queste ore, i media occidentali, e in particolare il New York Times, hanno pubblicato alcune rivelazioni secondo le quali i gasdotti sarebbero stati sabotati da un non meglio specificato gruppo pro-ucraino, ma senza che il governo di Kiev ne fosse al corrente. Tuttavia, le fonti da cui sarebbero state acquisite queste informazioni non sono state rivelate, e l’articolo dice ben poco sulle modalità con le quali sarebbe avvenuto l’attentato, al contrario di quello di Hersh, che invece ha ben dettagliato quanto sarebbe accaduto tra il 26 e il 27 settembre dello scorso anno, come abbiamo spiegato nel nostro precedente articolo.

Andrej Ledenev, consigliere dell’ambasciata russa negli Stati Uniti, ha commentato l’articolo del New York Times affermando che questo sarebbe solo un tentativo di spostare l’attenzione dal ruolo che Washington avrebbe avuto nell’operazione terroristica: “Innanzitutto, abbiamo preso atto del fatto che l’articolo citato ha ottenuto immediatamente un ‘semaforo verde’ nel campo dell’informazione locale, essendo letteralmente su tutti i media in un battito di ciglia. Ciò è particolarmente degno di nota visti i tentativi dei funzionari e dei giornalisti locali di mettere a tacere palesemente il materiale risonante del vincitore del Premio Pulitzer Seymour Hersh sullo stesso argomento”, ha fatto notare il funzionario. “Non abbiamo fiducia nell'”imparzialità” delle conclusioni dell’intelligence statunitense. Percepiamo “fughe di notizie” anonime come nient’altro che un tentativo di confondere coloro che stanno sinceramente cercando di andare a fondo in questo crimine eclatante, scaricando la colpa degli statisti che hanno ordinato e coordinato gli attacchi nel Mar Baltico su alcuni individui astratti“.

Leonid Sluckij, capo della Commissione per gli Affari Esteri della Duma di Stato russa, la camera bassa del parlamento moscovita, ha affermato a sua volta, attraverso il proprio account Telegram, che “l’articolo del NYT è l’ennesima falsa pista, volta a distrarre l’opinione pubblica dai veri colpevoli additando un astratto gruppo ribelle. Ma chi crederebbe che un’operazione di tale portata, che è essenzialmente di natura militare, possa essere portata avanti da un gruppo di sabotaggio precedentemente sconosciuto?”.

Mentre gli Stati Uniti continuano a proporre versioni alternative senza tuttavia presentare prove concrete, l’unica investigazione che ha portato a risultati tangibili sugli attentati contro i gasdotti Nord Stream resta quella di Seymour Hersh. Lo stesso giornalista investigativo, che tra l’altro in passato ha lavorato proprio per il New York Times, ha ammesso che il suo articolo non ha rappresentato altro che “la scoperta dell’ovvio”, visto che sin dall’inizio tutti gli indizi portavano alla responsabilità di Washington. Di fronte alle sue pesanti accuse, il governo statunitense non ha saputo rispondere se non accusando Hersh di diffondere una versione “falsa e di completa finzione“, senza tuttavia smentire concretamente nessun punto della sua inchiesta.

La logica ci porta a dire che qualsiasi indagine portata avanti dagli Stati Uniti non debba essere presa in considerazione, visto che stiamo parlando del primo nella lista dei sospettati. Al contrario, Washington, con la sua solita arroganza, vorrebbe condurre le indagini su di un crimine per il quale si trova al banco degli imputati, escludendo invece completamente la principale parte lesa, ovvero la Russia. Sergej Rjabkov, vice ministro degli Esteri russo, ha denunciato come agli esperti russi non sia stato permesso di partecipare alle indagini sugli attentati, nonostante gli oleodotti appartengano alla Gazprom. “Per mesi, dopo il minamento del Nord Stream, abbiamo cercato di ottenere una sorta di spiegazione o informazioni affidabili da coloro che continuano a condurre le indagini. Ma non hanno condiviso nemmeno un minimo di informazioni con noi“, ha sottolineato il diplomatico.

Il commento del ministro Sergej Lavrov è stato ancora più duro. Secondo il capo della diplomazia russa, “stiamo osservando il provocatorio degrado delle relazioni economiche internazionali e la loro trasformazione in armi, anche nella sfera energetica, da parte dell’Occidente”. “Siamo scioccati dal sabotaggio impunito contro i gasdotti del Nord Stream nell’area di responsabilità della NATO e dell’UE. Insistiamo su un’indagine equa e pronta su questo atto di terrorismo con la partecipazione della Russia e di altre parti interessate“, ha sottolineato Lavrov.

Anche a livello internazionale sono sempre maggiori le pressioni sugli Stati Uniti, affinché smettano di ostacolare le indagini sugli attentati terroristici contro i gasdotti russo-tedeschi. Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha esortato Washington a condividere le informazioni sulle indagini svolte, anziché nasconderle. Zhang Hanhui, ambasciatore della Repubblica Popolare a Mosca, ha chiesto l’immediato lancio di un’indagine internazionale sulle esplosioni del Nord Stream.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

There are 10 comments

  1. L’imperialismo subalterno della Germania di Scholz | World Politics Blog

    […] Limitata nella sua politica militare ed estera, la Germania si è ridotta sempre più a giocare un ruolo di potenza subalterna agli Stati Uniti in questi ambiti. Se, in occasione dell’invasione dell’Iraq nel 2003, l’allora cancelliere socialdemocratico, Gerhard Schröder, si schierò coraggiosamente contro l’attacco ingiustificato al Paese mediorientale, oggi il suo presunto erede, Olaf Scholz, non sembra avere le forze per fare altrettanto. Sebbene il cancelliere abbia avuto qualche slancio di politica estera indipendente, come nel caso della sua visita in Cina, il suo governo non sembra condividere tale posizione, nonstante i continui atti di bullismo da parte di Washington (vedi attentato al Nord Stream). […]

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  2. L’imperialismo subalterno della Germania di Scholz - IdeeAzione

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