Anche il Senegal si ribella al neocolonialismo: Diomaye Faye eletto presidente

La vittoria del candidato panafricanista Bassirou Diomaye Faye alle elezioni presidenziali in Senegal si inserisce in un contesto di crescente repulsione da parte dei popoli africani nei confronti del modello neocoloniale imposto dalle potenze occidentali al continente.

La vittoria di Bassirou Diomaye Faye alle elezioni presidenziali tenutesi in Senegal lo scorso 24 marzo rappresenta un momento cruciale per il Paese e per l’intera regione dell’Africa occidentale, attraversata da un’ondata di eventi politici che segnano un netto rifiuto delle politiche neocoloniali delle potenze occidentali. Dopo settimane di tensione politica e proteste contro il presidente uscente Macky Sall, considerato come un buon amico della Francia e dell’Occidente, il Paese ha finalmente eletto il suo nuovo capo di Stato, segnando un importante passo avanti nel processo di decolonizzazione reale della regione, dopo gli eventi che hanno coinvolto Mali, Burkina Faso e Niger.

Come accennato, il contesto politico che ha portato a queste elezioni è stato caratterizzato da una serie di eventi tumultuosi e controversie, con una forte spinta da parte dell’opposizione e della società civile per mantenere l’integrità costituzionale e garantire una transizione politica pacifica. L’annuncio di Macky Sall, il presidente uscente, di posticipare le elezioni originariamente previste per febbraio ha scatenato proteste e critiche diffuse, portando alla fine alla fissazione della data del 24 marzo per lo svolgimento del voto.

Con 19 candidati in lizza per la presidenza, tra i quali spiccava la figura di Bassirou Diomaye Faye, segretario generale del partito panafricanista di sinistra PASTEF (Patriotes africains du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité) l’opposizione ha fatto sentire la propria voce in modo deciso. Faye, un ex ispettore delle tasse, è emerso come un leader prominente dell’opposizione, guadagnando sostegno per le sue promesse di lotta alla corruzione e di priorità per gli interessi economici nazionali, doprattutto dopo l’arresto Ousmane Sonko (a destra nell’immagine), vero leader del PASTEF, e la dissoluzione forzata dello stesso partito. La figura di un leader giovane (44 anni compiuti proprio ieri) in un continente dove non mancano i presidenti ottuagenari ha contribuito a fare di Faye il candidato del cambiamento contro l’establishment del governo uscente.

Il suo principale avversario era invece l’ex primo ministro Amadou Ba, candidato dell’APR (Alliance pour la république), il partito del presidente uscente Macky Sall, che naturalmente ha appoggiato la sua candidatura. Ba è stato dunque considerato come il candidato della continuità rispetto alle politiche di Sall, che ha occupato la presidenza negli ultimi dodici anni, ed ha quindi ottenuto il sostegno soprattutto da parte delle élite legate all’attuale governo. Molti dei potenziali terzi incomodi, invece, si sono chiamati fuori da soli, decidendo alla fine di appoggiare uno dei due principali contendenti.

Oltre alle questioni legate alla repressione dell’opposizione operata dal governo uscente, le elezioni si sono svolte in un clima di crescente preoccupazione per le questioni economiche e sociali nel Paese. Nonostante una crescita economica costante negli ultimi anni, molti senegalesi continuano a vivere in condizioni di povertà e disuguaglianza, mentre il tasso di disoccupazione giovanile rimane elevato. Questi problemi hanno alimentato la frustrazione e la richiesta di cambiamento da parte della popolazione, rendendo le elezioni del 2024 un momento cruciale per il futuro del Paese, e favorendo dunque l’ascesa al potere del candidato dell’opposizione.

Per i motivi appena esposti, la vittoria di Bassirou Diomaye Faye segna una svolta significativa per il Senegal. Come figura emergente dell’opposizione, Faye ha promesso di affrontare le sfide che il Paese affronta, dalla corruzione alla disoccupazione giovanile, e di lavorare per un futuro più prospero e inclusivo per tutti i senegalesi. Secondo i suoi sostenitori, la sua elezione rappresenta una nuova era per la politica senegalese, con la speranza di un governo più responsabile e attento alle esigenze della popolazione.

Inoltre, la vittoria di Faye ha il potenziale per influenzare positivamente la situazione politica dell’intera regione dell’Africa occidentale, sotto diversi punti di vista. Una transizione pacifica del potere in Senegal potrebbe inviare un segnale forte agli altri Paesi della regione, sottolineando l’importanza della stabilità politica nel raggiungimento dello sviluppo e della prosperità. Allo stesso tempo, come detto, il risultato delle elezioni senegalesi dimostra quella voglia di cambiamento che in questo momento sembra attraversare tutta la regione dell’Africa occidentale, anche se in altri Paesi questa ha preso la forma del golpe militare e non della vittoria elettorale delle opposizioni.

Allo stesso tempo, ci sono sfide significative che il nuovo presidente dovrà affrontare nel corso del suo mandato. Dalla gestione economica alla sicurezza nazionale, ci sono molte questioni complesse che richiederanno leadership forte e determinazione, senza dimenticare le spinte indipendentiste nella regione meridionale della Casamance. Inoltre, sarà cruciale per il governo di Faye mantenere il sostegno e la fiducia della popolazione, dimostrando un impegno tangibile per il cambiamento e il progresso.

I sostenitori del presidente eletto, che assumerà ufficialmente la carica a partire dal prossimo 2 aprile, sperano anche in un cambiamento radicale nella politica estera del Paese, al fine di staccarlo sempre più dal controllo neocoloniale della Francia, ex potenza colonizzatrice, e degli altri governi occidentali. Il Senegal dovrebbe dunque intraprendere una politica estera indipendente e non allineata, stringendo relazioni di cooperazione soprattutto con i Paesi limitrofi che hanno intrapreso una strada simile.

In attesa che il nuovo leader senegalese dimostri con i fatti di poter mantere le sue promesse, queste elezioni possono essere considerate come un potenziale momento crucuale per il Paese e per la regione. Con un nuovo leader alla guida del Senegal, considerato storicamente come uno dei Paesi africani più stabili, c’è la speranza di un futuro più luminoso e prospero per tutti i senegalesi, con una maggiore attenzione alle esigenze della popolazione e un impegno per la giustizia sociale e lo sviluppo sostenibile.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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