La Colombia offre il suo territorio all’esercito statunitense

L’arrivo di 800 militari statunitensi in Colombia, con la solita scusa della lotta contro il narcotraffico, lascia presagire una nuova offensiva imperialista ai danni del Venezuela.

Una nuova brigata statunitense composta da circa 800 uomini dovrebbe raggiungere il territorio colombiano nel corso del mese di giugno, come si evince da un comunicato congiunto pubblicato dall’ambasciata degli Stati Uniti a Bogotà e dal Ministero della Difesa del Paese sudamericano. Tale operazione trasfirmerà la Colombia nella sede del maggior numero di soldati statunitensi in America Latina, andando a superare anche le cifre dell’illegale base militare di Guantánamo, situata sul territorio cubano.

L’operazione avverrà ufficialmente con lo scopo di combattere il narcotraffico, ma conoscendo le politiche imperialiste statunitensi tali movimenti non possono che creare un certo allarmismo, visti i recenti attacchi di cui è stato vittima il vicino Venezuela. Una parte cospicua del contingente statunitense, oltretutto, dovrebbe andarsi a posizionare nei dipartimenti di Arauca e Norte de Santander, proprio al confine con il Venezuela.

Il partito comunista FARC (Fuerza Alternativa Revolucionaria del Común), erede della guerriglia colombiana con la quale condivide l’acronimo, ha pubblicato un comunicato stampa con il quale respinge la decisione presa dal presidente Iván Duque: “Nessuno dubita che questa situazione sia stata sviluppata come parte della strategia di aggressione militare del governo Trump contro il Venezuela, e che il governo colombiano ponga irresponsabilmente la patria alla testa della strategia destabilizzante contro il Paese vicino e l’intero continente”.

Antonio Sanguino, senatore della forza ecologista Partido Alianza Verde, ha accusato il governo Duque di violare i principi costituzionali di sovranità e integrità territoriale. Contrario anche il suo collega Iván Cepeda, rappresentante del partito progressista PDA (Polo Democrático Alternativo), secondo il quale l’intervento dell’esercito statunitense sarebbe solamente uno specchietto per le allodole, mentre il governo non avrebbe nessuna intenzione di combattere il narcotraffico.

La senatrice Aída Avella, membro del partito di centro-sinistra UP (Unión Patriótica) ha denunciato in maniera veemente l’incostituzionalità della decisione presa dal presidente Duque, ed ha ufficialmente richiesto che la questione venisse discussa in parlamento: “Il presidente disconosce il parlamento. Non lo consulta sull’ingresso di truppe straniere. Sta andando verso il fascismo! O forse vi è già arrivato”, ha scritto la senatrice attraverso i propri social network. “No alla guerra. Il transito di truppe straniere deve essere approvato dal Congresso, come afferma la Costituzione. Rifiutiamo che il Paese sia usato per guerre e invasioni in altri Paesi. Non vi è alcuna giustificazione per la presenza di 800 soldati statunitensi in Colombia”, ha aggiunto, facendo chiaramente riferimento ad una eventuale operazione militare contro il Venezuela.

L’obiettivo provocatorio è stato anche denunciato dai sindacalisti della Federazione colombiana dei lavoratori dell’istruzione (Fecode): “L’arrivo delle truppe degli Stati Uniti in Colombia è una chiara violazione della sovranità e della democrazia nazionale, con la lotta al narcotraffico come mera scusa”.

Tra coloro che si sono espressi contro l’arrivo del contingente militare statunitense figura anche un insospettabile come Ernesto Samper, l’ex presidente liberale che ha guidato la Colombia tra il 1994 ed il 1998. Secondo l’ex capo di stato, l’arrivo di truppe straniere senza il permesso del Senato violerebbe la Costituzione e potrebbe portare a procedimenti disciplinari e penali contro il presidente Duque ed il ministro della difesa, Carlos Holmes Trujillo. Secondo la legge fondamentale colombiana, infatti, solamente il parlamento può approvare la presenza permanente di truppe straniere sul territorio nazionale.

Senza dubbio, tutte le statistiche internazionali affermano che la Colombia è il principale centro del narcotraffico mondiale, soprattutto per quanto riguarda la produzione di cocaina. Allo stesso, tempo, però, gli Stati Uniti sono il maggior importatore di sostanze stupefacenti, e dunque le autorità di quel Paese farebbero bene ad occuparsi di quanto accade all’interno dei propri confini. Oltretutto, l’apertura di basi militari statunitensi in Colombia nel recente passato non ha sortito alcun effetto, e la produzione e l’esportazione di cocaina da allora sono addirittura aumentate.

In una situazione di tensione come quella che si sta verificando in America del Sud a causa degli attacchi contro il Venezuela, la decisione di spostare 800 soldati statunitensi in Colombia non farà altro che rendere i rapporti tra Caracas e l’asse Washington-Bogotà ancora più tesi. Dopo il blocco-economico commerciale, il fallito colpo di stato di Juan Guaidò e gli attacchi armati dell’Operazione Gedeón, tutto lascia presagire una nuova offensiva imperialista ai danni della Repubblica Bolivariana e del suo governo legittimo, guidato dal presidente Nicolás Maduro.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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