Il conflitto del Nagorno-Karabakh e l’imperialismo turco

Gli scontri tra Armenia ed Azerbaigian per il controllo del Nagorno-Karabakh rischiano di assumenre una magnitudine ancora maggiore a causa del ruolo della Turchia, che spalleggia Baku all’interno del proprio progetto di imperialismo neo-ottomano nella regione.

Siamo oramai giunti al quinto giorno di scontri armati tra l’Azerbaigian e l’Armenia attorno al territorio del Nagorno-Karabakh, corrispondente allo stato non riconosciuto della Repubblica dell’Artsakh.

Nikol Pashinyan, primo ministro armeno, ha denunciato ieri che l’Azerbaigian sta bombardando le posizioni armene nel nord del Nagorno-Karabakh, ma ha anche dichiarato che il suo Paese è disposto a risolvere pacificamente il conflitto. Tuttavia, il premier ha affermato che l’intensificarsi delle ostilità da parte di Baku, che ha causato fino ad ora almeno un centinaio di morti, sembra per il momento escludere la risoluzione diplomatica del conflitto.

La fine del conflitto sembra lontana soprattutto per il ruolo preponderante della Turchia, legata all’Azerbaigian per ragioni storiche e culturali, ma anche atavico nemico dell’Armenia. Il governo di Ankara sta sostenendo a spada tratta la linea aggressiva dell’Azerbaigian per l’occupazione del Nagorno-Karabakh, confermando le proprie intenzioni di affermarsi come potenza imperialista regionale nel Mediterraneo orientale e nel Caucaso.

Il premier Pashinyan ha accusato la Turchia anche nel corso di un colloquio con il belga Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo: “Nikol Pashinyan ha richiamato l’attenzione di Charles Michel sulla posizione distruttiva della Turchia e ha sottolineato che è inammissibile coinvolgere questo Paese nelle ostilità“, si legge nel comunicato ufficiale. Il primo ministro di Erevan ha affermato che la fine delle ostilità e la piena esclusione della Turchia sono le condizioni obbligatorie per la ripresa dei colloqui di pace.

Le preoccupazioni del governo armeno sono a maggior ragione giustificate in seguito alle dichiarazioni rilasciate mercoledì dal ministro degli esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, riportate dall’agenzia stampa locale Anadolu. “Siamo pronti a fornire qualunque aiuto sia necessario all’Azerbaigian. Abbiamo detto che saremo insieme all’Azerbaigian sia al tavolo delle trattative che sul campo di battaglia. Queste non sono parole vuote“, ha detto Çavuşoğlu. Il ministro turco ha inoltre accusato l’Armenia di violare le risoluzioni delle Nazioni Unite sul Nagorno-Karabakh, mentre l’Azerbaigian starebbe solamente combattendo gli occupanti per riprendersi la propria terra.

Pashinyan, dal canto suo, ha fatto sapere che l’Armenia è pronta a riconoscere la Repubblica dell’Artsakh come stato indipendente, mossa simbolica che potrebbe causare ulteriori tensioni all’interno della comunità internazionale. Attualmente, l’autoproclamata repubblica con capitale Stepanakert è riconosciuta unicamente da altre repubbliche non riconosciute dalla maggioranza della comunità internazionale, come la Transnistria, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud.

Se il Nagorno-Karabakh non combatterà, tutti gli armeni del Nagorno-Karabakh saranno uccisi, senza alcuna esagerazione“, ha dichiarato ancora il premier armeno, sottolineando che “questa non è una disputa territoriale, questo è un semplice tentativo degli armeni del Nagorno-Karabakh di utilizzare il diritto all’autodeterminazione“. Pashinyan ha voluto ribadire che l’Armenia ritiene l’azione militare come un’operazione congiunta di Azerbaigian e Turchia, con Ankara al comando delle operazioni. Ciò riflette in pieno l’attuale politica estera turca imperialista e di ispirazione neo-ottomana, volta ad aumentare la propria influenza regionale attraverso la destabilizzazione del Caucaso e del Mediterraneo, come accaduto in Siria e Libia.

Il rinato conflitto in Nagorno-Karabakh ha naturalmente causato la preoccupazione della comunità internazionale, in particolare della Russia, che ha buone relazioni con entrambe le repubbliche caucasiche, ma che intrattiene un rapporto di particolare affinità con l’Armenia. Il governo russo ha più volte invitato le parti a procedere ad un immediato cessate il fuoco, affermando al contempo che gli altri Paesi della regione non dovrebbero immischiarsi nel conflitto (un chiaro riferimento alla Turchia): “Continuiamo a chiedere ai Paesi della regione di agire con moderazione, e soprattutto sollecitiamo i Paesi coinvolti nel conflitto a un cessate il fuoco immediato“, ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov.

Il ministro degli esteri Sergej Lavrov ha avuto colloqui telefonici con i suoi omologhi armeno (Zohrab Mnatsakanyan) e azerbaigiano (Ceyhun Bayramov), con i quali “è stato discusso lo sviluppo della situazione nella zona di conflitto del Nagorno-Karabakh. La Russia ha espresso profonda preoccupazione per le continue ostilità su larga scala. È stata formulata una richiesta per un cessate il fuoco immediato e per ridurre la tensione, nonché per evitare una retorica provocatoria e bellicosa“.

Marija Zacharova, portavoce del ministero degli esteri di Mosca, ha apprezzato la reazione congiunta della maggioranza della comunità internazionale, che ha dimostrato di essere concorde con la richiesta di cessate il fuoco: “Non c’è alternativa alla ricerca di una soluzione politica, diplomatica e pacifica“, ha sottolineato. Per il momento, le potenze occidentali hanno mantenuto una posizione di equidistanza, anche per via delle tensioni interne alla NATO causate dalle recenti attività della Turchia nel mediterraneo orientale.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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