Le forze etiopi sono oramai alle porte di Macallè, la capitale della regione del Tigrè, al centro del conflito con il governo federale da circa tre settimane.
Prosegue da circa tre settimane il conflitto nella regione del Tigrè, che oppone il governo etiope al Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (FPLT), e che rischia di coinvolgere direttamente anche la vicina Eritrea, mentre il Sudan del Sud ha denunciato la presenza di almeno 45.000 rifugiati provenienti dalle aree teatro di guerra, di cui almeno 12.000 bambini, secondo quanto affermato dall’Unicef.
Il primo ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed Ali, ha invocato mercoledì il principio di non interferenza negli affari interni del Paese in risposta alle richieste di dialogo per risolvere il conflitto, provenienti da diversi attori della comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite e l’Unione Africana, che ha sede proprio ad Addis Abäba. Il capo del governo etiope opta per il “fermo impegno dell’Etiopia per la cooperazione multilaterale e un ordine mondiale basato sui principi e le norme del diritto internazionale“, ma ha anche ricordato che “la comunità internazionale dovrebbe rimanere in disparte fino a quando il governo dell’Etiopia non formulerà la tua richiesta di assistenza alla comunità delle nazioni“.
Vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 2019, Abiy ha affermato che “come stato sovrano, l’Etiopia ha tutto il diritto di applicare le sue leggi all’interno del suo territorio e questo è esattamente ciò che stiamo facendo“, aggiungendo che, a suo modo di vedere, l’operazione militare lanciata da Addis Abäba contro il Tigrè conforme alla Carta africana sulla democrazia, le elezioni e il governo che “proibisce il cambio di governo incostituzionale e promuove il governo democratico“.
Domenica scorsa, Abiy aveva lanciato un secondo ultimato rivolto al FPLT, dando alle forze del Fronte 72 ore per arrendersi prima di dare il via all’assalto di Mek’elē (Macallè, secondo la toponomastica italiana), la capitale regionale del Tigrè. Nella propria dichiarazione, Abiy Ahmed ha chiesto alle forze ribelli di “evitare ulteriori massacri e distruzioni di città e salvarvi dalla dannazione eterna nei libri di storia“.
Nel peopeio annuncio, il primo ministro etiope ha affermato anche che “la sicurezza e il benessere generale della gente del Tigrè è della massima importanza per il governo federale e faremo tutto il necessario per garantire che la stabilità prevale nella regione del Tigrè e che i nostri cittadini siano liberi dalla sofferenza e dal bisogno“. Nella giornata di martedì, il FPLT ha annunciato che molti dei suoi combattenti hanno accettato l’ultimatum del governo etiope per la resa.
Nonostante la posizione del governo etiope, che respinge ogni tentativo di mediazione internazionale, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha dato il via ad una seduta per affrontare la tematica del conflitto armato nella regione del Tigrè, su richiesta delle delegazioni di Sudafrica, Tunisia e Saint Vincent e Grenadine.
Anche la Russia ha dimostrato il proprio interesse per la risoluzione del conflitto in Etiopia. Secondo l’agenzia TASS, mercoledì il viceministro degli esteri di Mosca, Michail Bogdanov, ha tenuto una conversazione telefonica con il commissario dell’Unione Africana per la pace e la sicurezza, l’algerino Smaїl Chergui. “Durante la conversazione sono state discusse una serie di questioni urgenti dell’agenda africana, concentrandosi sullo sviluppo della situazione in Etiopia, Mali e nella regione Sahel-Sahariana in generale“, afferma la dichiarazione del Ministero degli Esteri russo. L’agenzia diplomatica ha anche aggiunto che “la parte russa ha confermato il sostegno al ruolo centrale dell’Unione Africana nella risoluzione delle situazioni di conflitto nel continente secondo la formula delle ‘soluzioni africane ai problemi africani’, nel rigoroso rispetto delle norme e dei principi del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, inclusa l’integrità territoriale e la sovranità degli Stati africani“.
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