Nuova Zelanda: passa il referendum sull’eutanasia, non quello sulla cannabis

Sono stati ufficializzati i risultati dei due referendum che si sono svolti in Nuova Zelanda in occasione della giornata elettorale del 17 ottobre. Il riconteggio delle schede ha inoltre assegnato un seggio supplementare ai laburisti della premier Jacinda Ardern.

Sebbene abbiano avuto luogo nella giornata del 17 ottobre, in contemporanea con le elezioni legislative, i risultati dei due referendum popolari organizzati in Nuova Zelanda sono stati ufficializzati in seguito al riconteggio obbligatorio delle schede delle legislative.

Il primo referendum riguardava la legalizzazione dell’eutanasia, illegale in Nuova Zelanda ai sensi della sezione 179 del New Zealand Crimes Act del 1961. Si trattava del terzo tentativo di legalizzare l’eutanasia nel Paese, dopo che due proposte di legge furono respinte dal parlamento di Wellington nel 1995 e nel 2003. La nuova legge, denominata End of Life Choice Act, è stata approvata dal 65.87% dei votanti, ed entrerà effettivamente in vigore il prossimo anno, prevedendo la possibilita di fare ricorso all’eutanasia per coloro che hanno una malattia terminale.

Nonostante tutti i sondaggi da anni dimostrassero il sostegno della maggioranza dei neozelandesi per questa legge, sarà solamente dal novembre del 2021 che la Nuova Zelanda diventerà ufficialmente il settimo Paese al mondo a legalizzare la morte assistita, dopo Svizzera, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Canada e Colombia. Inoltre, l’eutanasia è legale in alcuni stati degli Stati Uniti e dell’Australia, ma non è legge federale.

La legge approvata delinea i criteri per chi può fare domanda per porre fine alla propria vita: il soggetto in questione deve almeno 18 anni, essere cittadino neozelandese e soffrire di una malattia terminale con un’aspettativa di vita inferiore ai sei mesi. Nello specifico, potranno fare ricorso all’eutanasia coloro che “hanno un calo significativo e continuo capacità fisiche”, stanno “subendo una sofferenza insopportabile che non può essere alleviata” e sono in grado di prendere una “decisione informata” sulla loro morte. Ciò esclude dunque le persone incapaci di intedere e di volere e le persone che non sono afflitte da gravi malattie, seppur di età avanzata.

Nel secondo referendum, agli elettori è stato chiesto di decidere se volevano approvare un disegno di legge che legalizzasse la cannabis e regolasse il modo in cui veniva usata e venduta. In questo caso, la proposta di legge è stata bocciata dal 51.17% dei votanti, dimostrando una forte spaccatura all’interno del Paese sulla tematica della legalizzazione. Al contrario di quello sull’eutanasia, questo era un referendum non vincolante.

L’evidenza degli studi longitudinali effettuati in Nuova Zelanda indica che all’età di 25 anni, l’80% dei neozelandesi avrà provato la cannabis almeno una volta. In parole povere, gli approcci politici basati sul divieto non hanno sradicato e non sradicheranno il consumo e la fornitura di cannabis in Nuova Zelanda o in qualsiasi altro luogo”, ha dichiarato Helen Clark, ex primo ministro laburista del Paese, in carica dal 1999 al 2008.

La cannabis è la droga illecita più comunemente usata in Nuova Zelanda e l’ultimo sondaggio sulla salute della Nuova Zelanda ha rilevato che il 15% o 590.000 adulti neozelandesi hanno utilizzato cannabis negli ultimi 12 mesi.

Inoltre, la comunità Māori afferma che la legge che vieta l’utilizzo di cannabis è utilizzata come fonte di discriminazione nei confronti della popolazione indigena. Pur rappresentando il 16% della popolazione della Nuova Zelanda, la popolazione Māori deve affrontare il triplo di arresti e procedimenti penali per possesso di cannabis rispetto ai non Māori.

Per la cronaca, il primo ministro Jacinda Ardern, recentemente confermata al suo posto in base ai risultati delle elezioni legislative, ha dichiarato di aver votato affermativamente ad entrambi i quesiti referendari. Il riconteggio delle schede, inoltre, ha ulteriormente rafforzato la maggioranza, visto che il New Zealand Labour Party (NZLP, in lingua māori Rōpū Reipa o Aotearoa) si è visto attribuire un seggio supplementare, raggiungendo quota 65. Anche il Māori Party (Te Pāti Māori) è riuscito a guadagnare un secondo seggio, mentre a perderne due rispetto ai risultati preliminari è stato il New Zealand National Party (Rōpū Nāhinara o Aotearoa), la principale forza di opposizione, che potrà contare solamente su 33 rappresentanti. Restano invece invariati i seggi ottenuti dai liberisti di ACT New Zealand e dagli ecologisti del Green Party of Aotearoa New Zealand (Rōpū Kākāriki o Aotearoa, Niu Tireni), entrambi con dieci deputati.

Proprio i verdi hanno raggiunto la scorsa settimana un accordo di cooperazione con i laburisti, che confermano dunque la partnership di governo in vigore dal 2017 tra le due formazioni di centro-sinistra sotto la guida di Jacinda Ardern.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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