Nuova Zelanda: conferma per Jacinda Ardern, estrema destra fuori dal parlamento

La premier laburista neozelandese esce rafforzata dalle elezioni legislative, ottenendo il suo secondo mandato alla guida del governo. Grande sconfitto Winston Peters, leader del partito di estrema destra New Zealand First, che in precedenza aveva sostenuto Ardern.

La strana coppia tra Jacinda Ardern e Winston Peters ha governato la Nuova Zelanda per tre anni, ma alla fine l’inedita coalizione fra il New Zealand Labour Party (NZLP, in lingua māori Rōpū Reipa o Aotearoa) e New Zealand First (NZ First, Aotearoa Tuatahi) non ha superato lo scoglio delle elezioni legislative del 17 ottobre. Il triennio di governo ha rafforzato soprattutto l’immagine della premier Ardern, alla quale oltretutto sono stati attribuiti grandi meriti nella gestione dell’emergenza sanitaria, che ha visto la Nuova Zelanda registrare poco più di 1.800 casi positivi ed appena venticinque decessi, mentre ha fortemente danneggiato quella dei nazionalisti.

I laburisti hanno ottenuto in queste elezioni il 49.15% dei consensi, guadagnando oltre dodici punti percentuali rispetto al già importante successo del 2017. Ciò ha anche permesso alla formazione di Ardern di ottenere la maggioranza assoluta in parlamento, con 64 seggi sui 120 che compongono l’emiciclo di Wellington. Ciò significa che i laburisti potranno governare senza dover far ricorso a coalizioni, anche se verosimilmente potranno comunque contare sul sostegno degli ecologisti del Green Party of Aotearoa New Zealand (Rōpū Kākāriki o Aotearoa, Niu Tireni).

Il partito verde guidato dalla diarchia rigorosamente uomo-donna composta da James Shaw e Marama Davidson è a sua volta uscito rafforzato dall’esperienza di governo, forte anche della crescente sensibilità dell’elettorato nei confronti delle questioni ambientali. I Greens hanno infatti ottenuto il 7.57% delle preferenze, passando da otto a dieci seggi, e portando così la potenziale maggioranza a quota 74.

Come anticipato, invece, esce dal parlamento il partito nazionalista NZ First, che nel 2017 aveva guadagnato ben nove scranni. Il partito di Peters era entrato nel governo come nel 1996 e nel 2005 (in quest’ultima occasione solo con un supporto esterno), e come nei due precedenti ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni successive all’esperienza governativa. Fermo al 2.67%, NZ First non ha neppure avvicinato la soglia di sbarramento del 5%, né è riuscito a conquistare uno dei seggi assegnati col metodo del first-past-the-post.

L’opposizione esce a sua volta fortemente ridimensionata, in particolare per quanto riguarda la principale forza di centro-destra, il New Zealand National Party (Rōpū Nāhinara o Aotearoa). Alle elezioni del 2017, i Nats erano riusciti a conquistare addirittura il primato con 54 seggi, ma avevano visto le proprie ambizioni di governo essere frenate dall’inatteso accordo tra Ardern e Peters. Questa volta, il partito conservatore di Judith Collins ha ottenuto poco più della metà dei voti dei laburisti (26.79%) ed ha perso ben ventuno deputati, eleggendone 35. Gli elettori che hanno abbandonato i Nats sono stati parzialmente recuperati dai liberisti di ACT New Zealand, passati da un solo seggio a ben dieci parlamentari con il 7.98% delle preferenze.

Completa il quadro del nuovo parlamento neozelandese il seggio riservato al Māori Party (Te Pāti Māori).

Nel discorso tenuto dopo la pubblicazione dei risultati davanti a centinaia di sostenitori, Ardern ha detto di voler costruire un’economia che funzioni per tutti, creare posti di lavoro, formare le persone, proteggere l’ambiente e affrontare le sfide climatiche e le disuguaglianze sociali. “Questa non è stata un’elezione ordinaria, e non è un momento normale“, ha detto. “È stato un periodo pieno di incertezza e ansia, e abbiamo deciso di rappresentare un antidoto a tutto questo“, ha dichiarato la leader del governo. “Viviamo in un mondo sempre più polarizzato, un luogo in cui, sempre di più, le persone hanno perso la capacità di vedere il punto di vista dell’altro”, ha aggiunto. “Penso che in queste elezioni i neozelandesi abbiano dimostrato che questo non sia quello che siamo“.

Negli ultimi sette mesi di questo governo, tutte le questioni relative alle loro promesse passate sono state messe da parte a causa del Covid-19. È così semplice“, ha ribadito il deputato dei Nats, Gerry Brownlee.

Dal punto di vista della salute, Ardern ha dimostrato un impegno incrollabile per la strategia Zero Covid del governo. Questa strategia ha avuto successo, nonostante il singhiozzo di agosto, e continua ad essere uno dei pochi esempi internazionali veramente validi di come eliminare questo virus“, si legge sull’analisi pubblicata da Elliot Crossan sul sito del partito comunista Socialist Aotearoa alla vigilia delle elezioni. “Tuttavia, per quanto un’enorme minaccia come il Covid-19 continui a minacciarci, la pandemia è lungi dall’essere l’unica crisi che Aotearoa [la Nuova Zelanda, ndr] deve affrontare. La crisi degli alloggi, risultato di trent’anni di economia di libero mercato, è ancora in pieno svolgimento. […] È necessario un nuovo approccio all’abitare, che coinvolga la costruzione di nuovi alloggi popolari di alta qualità che vengano forniti a tariffe convenienti”. “I laburisti non sono riusciti neppure ad affrontare il problema cronico dei bassi salari: insegnanti, infermieri e migliaia di altri lavoratori del settore pubblico hanno dovuto scioperare contro il governo per ottenere accordi migliori dopo che gli erano stati offerti aumenti salariali appena superiori all’inflazione! Nel frattempo, gli aumenti del salario minimo del governo sono stati meglio di niente, ma ancora non costituiscono un salario dignitoso”, si legge ancora.

Secondo i comunisti neozelandesi, “Jacinda Ardern è senza dubbio un candidato migliore per il posto di primo ministro della conservatrice ostinata Judith Collins. […] Ma non c’è nemmeno dubbio che un governo laburista al suo secondo mandato, liberato dalla scusante e dall’ostacolo di Winston Peters, debba finalmente dare i suoi frutti ai lavoratori”. In definitiva, le debolezze e le contraddizioni tanto dei laburisti quanto dei verdi neozelandesi “dimostrano l’urgente necessità di un nuovo partito di sinistra basato sul potere della classe operaia. Ovviamente è troppo tardi questo ciclo elettorale, ma la sinistra deve agire insieme per le elezioni del 2023”.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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