Il Brasile di Bolsonaro allo sbando

La crisi sanitaria e quella politica stanno travolgendo il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che oramai ha perso anche la fiducia delle forze armate, oltre che di una vasta fetta della popolazione.

Il Brasile è ufficialmente il nuovo epicentro mondiale della pandemia di Covid-19: sebbene in termini assoluti resti al secondo posto alle spalle degli Stati Uniti, il Paese sudamericano è quello che ha registrato il maggior numero di contagiati e deceduti negli ultimi giorni. In Brasile, i morti per Covid-19 aumentano oramai al ritmo di oltre 3.000 al giorno, sfiorando per la prima volta quota 4.000 il 31 marzo (3.950), mentre il 25 marzo è stato registrato il nuovo primato di contagiati giornalieri, con 97.586.

Secondo i dati ufficiali più aggiornati, l’occupazione di letti di terapia intensiva per pazienti affetti da Covid-19 supera il 90%. La Fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz), che produce il vaccino anglo-svedese Astra Zeneca-Oxford, ha recentemente avvertito dell’esistenza di “difficoltà nell’espansione di nuovi letti in terapia intensiva per soddisfare la forte crescita della domanda“. La Fiocruz ha poi sottolineato il rischio di carenza di forniture e attrezzature mediche ospedaliere necessarie per le intubazioni. Secondo la Fondazione, una quarantena di quattordici giorni sarebbe necessaria per ridurre significativamente i tassi di infezione di circa il 40%, diminuendo in questo modo la pressione su un sistema sanitario deficitario.

Grandi responsabilità gravano sulle spalle del presidente negazionista Jair Bolsonaro, che dall’inizio della pandemia ha fatto di tutto per falcidiare la popolazione brasiliana con le sue scellerate politiche. Non a caso, l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha parlato del “più grande genocidio” nella storia del Brasile, visto che oramai i morti totali causati dall’epidemia hanno superato abbondantemente i 300.000. “La nostra attenzione non dovrebbe concentrarsi sulle elezioni del prossimo anno, ma sulla lotta al virus e sulla vaccinazione della popolazione. Dobbiamo salvare il Brasile dal coronavirus“, ha dichiarato recentemente Lula, che ha chiesto anche a Bolsonaro di scusarsi di fronte alla popolazione.

Un presidente non può sapere tutto, ma lui (Bolsonaro, ndr) dovrebbe avere l’umiltà di consultare persone che ne sanno più di lui“, ha affermato ancora l’ex capo di Stato, che potrebbe nuovamente candidarsi alla presidenza federale l’anno prossimo. Secondo Lula, Bolsonaro dovrebbe “incontrare scienziati, medici, governatori e ministri della Salute per attuare un piano per sconfiggere il Covid“. Il leader carismatico del Partito dei Lavoratori (Partido dos Trabalhadores, PT) ha sottolineato che Bolsonaro “non prende sul serio il Covid-19“. “Non crede ai vaccini, ha speso una fortuna in un farmaco chiamato idrossiclorochina, anche se è stato dimostrato che non ha funzionato“, ha aggiunto Lula, rincarando la dose contro il suo grande rivale. “Se avessi un po ‘di grandezza, dovresti chiedere scusa alle famiglie dei 300mila uccisi dal coronavirus e ai milioni di contagiati“, ha concluso, rivolgendosi direttamente all’attuale presidente.

Le conseguenze della pandemia vengono pagate – come sempre – soprattutto dalla classe lavoratrice. L’Istituto brasiliano di geografia e statistica (IBGE) ha riferito a tal proposito che il tasso di disoccupazione in Brasile è aumentato del 14,2% nel trimestre dal novembre 2020 al gennaio 2021, il che significa che 14,3 milioni di persone in più sono disoccupate nel Paese sudamericano. Il numero di disoccupati è di tre punti percentuali superiore a quello riportato nello stesso periodo tra il 2019 e il 2020, quando la nazione ha registrato 11,9 milioni di brasiliani disoccupati. L’IBGE sottolinea nel rapporto pubblicato sul proprio sito ufficiale che l’aumento del tasso di disoccupazione è avvenuto a causa dell’impatto della pandemia di coronavirus in Brasile.

Ma i guai per Bolsonaro non riguardano solamente la situazione sanitaria nel Paese. Anche dal punto di vista politico, il governo in carica sembra vacillare. Sotto la lente d’ingrandimento è caduto anche il ministro degli Esteri, Ernesto Araújo, attaccato da oltre trecento diplomatici brasiliani, che attraverso una lettera ne hanno chiesto le dimissioni. Secondo il testo, “gli errori nella condotta della politica estera comportano perdite concrete per la popolazione“. I firmatari considerano che “oltre ai problemi più immediati, come la mancanza di vaccini e rifornimenti, o il divieto ai brasiliani di entrare in altre nazioni, si stanno accumulando danni a lungo termine alla credibilità internazionale del Paese“. Il Brasile, in particolare, continua a mostrare un atteggiamento ostile nei confronti del vicino Venezuela, nonostante il governo di Caracas sia venuto in soccorso della popolazione brasiliana a corto di ossigeno. Secondo i suoi detrattori, Araújo ha anche sabotato l’accesso ai vaccini contro il coronavirus e ha adottato posizioni negazioniste di fronte alla pandemia, mettendo in dubbio il ruolo della scienza.

Poche ore dopo, Araújo ha rassegnato le proprie dimissioni, al pari del ministro della Difesa, Fernando Azevedo e Silva. Bolsonaro è subito corso ai ripari, nominando l’ex ambasciatore brasiliano a Parigi, Carlos Alberto Franco França, come nuovo titolare degli Affari Esteri, mentre alla Difesa la nomina ha premiato il generale Walter Souza Braga Netto. Inoltre, il capo di Stato ha annunciato che il ministero della Giustizia e della Pubblica Sicurezza sarà diretto dal delegato della Polizia Federale, Anderson Gustavo Torres, in sostituzione di André Mendonça, che era a sua volta stato nominato dopo le dimissioni del discusso Sérgio Moro, nell’aprile dello scorso anno. Ricordiamo che, pochi giorni prima, Bolsonaro aveva nominato il suo quarto ministro della Sanità nella persona di Marcelo Queiroga, dovendo fare i conti con le dimissioni di Eduardo Pazuello.

Tutto risolto, dunque? Al contrario, potrebbe trattarsi solamente dell’inizio di una grave crisi per il governo brasiliano. In seguito alle dimissioni del ministro Azevedo, il ministero della Difesa brasiliano ha annunciato le dimissioni dei comandanti dei tre componenti delle forze armate: il generale Edson Pujol (esercito), l’ammiraglio Ilques Barbosa (marina) e il tenente di brigata Antonio Carlos Moretti Bermúdez (aeronautica militare). È la prima volta dal 1985, anno della fine della dittatura militare, che i comandanti delle tre componenti delle Forze Armate lasciano l’incarico contemporaneamente nel corso di una legislatura. Questa mossa dimostra come Bolsonaro stia perdendo il polso della situazione, e soprattutto come abbia perso la fiducia delle forze armate, che invece erano state fondamentali nella sua ascesa al potere.  

In seguito alle dimissioni dei comandanti delle forze armate, il nuovo ministro della Difesa, Walter Braga Netto, ha nominato a capo dell’esercito il generale Paulo Sérgio Nogueira de Oliveira; l’ammiraglio di squadra Almir Garnier Santos come nuovo capo della marina; infine, il tenente di brigata Carlos Baptista Junior al comando dell’areonautica. “I nuovi comandanti delle tre forze armate hanno la missione di guidare i loro subordinati per raggiungere gli obiettivi militari strategici del Brasile“, ha dichiarato il generale Braga Netto ai media, al momento della nomina.

Congiuntamente, un gruppo di legislatori della Camera dei deputati e del Senato federale del Brasile, rappresentanti dei partiti di opposizione, ha annunciato, nella giornata del 31 marzo, la presentazione di una nuova richiesta di impeachment contro il presidente Jair Bolsonaro. L’iniziativa è promossa dai senatori Randolfe Rodrigues (Rede Sustentabilidade, REDE) e Jean-Paul Prates (PT), oltre che dai deputati Alessandro Molon (Partido Socialista Brasileiro, PSB), Marcelo Freixo (Partido Socialismo e Liberdade, PSOL) e Arlindo Chinaglia (PT). Secondo il documento presentato dai cinque parlamentari, il presidente sta cercando di “appropriarsi indebitamente e per interessi personali delle forze militari in Brasile, con un’evidente minaccia alla democrazia“, in violazione della legge 1.079 del 1950. Se accolta, la richiesta di impeachment porterebbe alla rimozione di Bolsonaro dall’incarico presidenziale.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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