Le falsità degli Stati Uniti sulla Cina – Parte 8: la questione dello Xinjiang

Il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese ha pubblicato un documento dal titolo “Reality Check: Falsehoods in US Perceptions of China“, nel quale si elencano alcune falsità che la propaganda statunitense diffonde sul conto della Cina. Di seguito l’analisi dell’ottava menzogna anticinese.

Parte 1: l’ordine mondiale a guida USA
Parte 2: la nuova Guerra Fredda
Parte 3: la diplomazia coercitiva
Parte 4: la democrazia
Parte 5: l’unione tra Partito e popolo cinese
Parte 6: i diritti umani
Parte 7: “una sola Cina” e la questione di Taiwan

Falsità 8: gli Stati Uniti sono al fianco di Paesi e popoli di tutto il mondo contro il genocidio e i crimini contro l’umanità che si verificano nella regione dello Xinjiang, dove più di un milione di persone sono state rinchiuse nei campi di detenzione a causa della loro identità etnica e religiosa.

Realtà: i diritti umani delle persone di tutti i gruppi etnici nello Xinjiang sono completamente protetti. Non c’è nessun “genocidio” o “crimini contro l’umanità” nello Xinjiang. Gli Stati Uniti hanno diffuso disinformazione sullo Xinjiang semplicemente per creare una scusa per screditare e attaccare la Cina.

◆ Le questioni relative allo Xinjiang non riguardano i diritti umani, ma la lotta alla violenza, al terrorismo e al separatismo. Secondo i dati disponibili, tra 1990 e la fine del 2016, si sono verificati diverse migliaia di episodi di attacchi violenti e terroristici nello Xinjiang, che hanno ucciso un gran numero di persone innocenti e centinaia di agenti di polizia, e hanno causato incommensurabili danni alle proprietà.

In risposta a tali minacce reali, lo Xinjiang ha agito con determinazione per combattere il terrorismo e l’estremismo in conformità con la legge. Allo stesso tempo, sono state adottate una serie di misure di sostegno, come il miglioramento dei mezzi di sussistenza delle persone, la sensibilizzazione del pubblico in merito al diritto e l’offerta di aiuto attraverso centri di istruzione e formazione professionale. L’andamento delle  frequenti attività terroristiche è stato così di fatto frenato. Non c’è stato alcun atto violento di terrorismo nello Xinjiang per oltre cinque anni consecutivi. La regione ha goduto di sicurezza, stabilità sociale e sviluppo. La sicurezza e la protezione delle persone di tutti i gruppi etnici sono state efficacemente garantite.

◆ Il “genocidio” nello Xinjiang è una completa “menzogna del secolo”. Negli ultimi 60 anni e oltre, la popolazione uigura è aumentata da 2,2 milioni a circa 12 milioni, e la loro aspettativa di vita media è cresciuta da 30 a 75 anni.

Con la stabilità che prevale nello Xinjiang, la popolazione locale vive e lavora in pace e felicità. La regione ha compiuto progressi senza precedenti nel fornire sviluppo economico e sociale e nel migliorare la vita del popolo. Tra il 2014 e il 2019, il PIL nello Xinjiang è passato da 919,59 miliardi di yuan a 1,36 trilioni di yuan, con un tasso di crescita annuo medio del 7,2%, mentre il reddito disponibile pro capite è cresciuto di un tasso medio annuo del 9,1%. Sono stati raggiunti notevoli risultati nell’eliminazione della povertà estrema. Tutti i 3,09 milioni di persone impoverite secondo gli standard attuali sono state sollevate dalla povertà, rendendo la povertà assoluta un ricordo del passato nello Xinjiang.

I legittimi diritti e interessi delle persone di tutte le etnie nello Xinjiang sono stati protetti efficacemente. Tutti i gruppi etnici, indipendentemente dalla loro popolazione, hanno uguale status giuridico e godono della libertà di credo religioso e di vari diritti in conformità con la legge, tra cui partecipare alla gestione degli affari di Stato, ricevere istruzione, usare la propria lingua e preservare la propria cultura tradizionale.

◆ Nel luglio 2019, i rappresentanti permanenti di oltre 50 Paesi a Ginevra hanno inviato una lettera congiunta al Presidente del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e all’Alto Commissario per i diritti umani, elogiando i risultati conseguiti dalla Cina nella lotta al terrorismo, alla deradicalizzazione e alla protezione dei diritti umani. Nell’ottobre 2019, più di 60 Paesi hanno parlato al Terzo Comitato della 74ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, elogiando l’enorme progresso dei diritti umani nello Xinjiang. Nel giugno 2021, più di 90 Paesi hanno rilasciato dichiarazioni congiunte o separate al Consiglio per i diritti umani a sostegno della Cina. Nel frattempo, il Canada ha preso l’iniziativa di attaccare la Cina su questioni relative allo Xinjiang, Hong Kong e il Tibet. Poco più di 40 Paesi hanno fatto eco alle critiche del Canada e nessuno di loro proviene dal mondo musulmano.

◆ Negli ultimi anni, oltre 2.000 persone provenienti da più di 100 Paesi, tra cui esperti, studiosi, giornalisti, diplomatici e personalità religiose, hanno visitato lo Xinjiang, testimoniando l’unità, l’armonia e la felicità delle persone di tutti i gruppi etnici nello Xinjiang.

◆ Il cosiddetto “genocidio” nello Xinjiang è una bugia inventata dalle forze anti-cinesi rappresentate dallo studioso tedesco anti-cinese Adrian Zenz. È un membro del gruppo di estrema destra “Victims of Communism Memorial Foundation” sponsorizzato dal governo degli Stati Uniti e una figura chiave in un’organizzazione anti-cinese creata dalle agenzie di intelligence statunitensi. È anche razzista. La sua “ricerca” è piena di incongruenze, invenzioni e manipolazioni di dati. Non ha alcuna credibilità accademica e non può essere autorizzato per la pubblicazione accademica. Ad esempio, una carta nel “paper” di Zenz afferma che i nuovi collocamenti di dispositivi intrauterini nello Xinjiang sono in media tra 800 e 1.400 a persona ogni anno, il che significa che ogni donna nella regione dovrebbe sottoporsi da quattro a otto di questi interventi chirurgici di inserimento ogni giorno. Questo è totalmente contro il buon senso.

◆ Il 29 giugno 2020, la Jamestown Foundation degli Stati Uniti ha pubblicato un “rapporto di ricerca” di Adrian Zenz, in cui accusava falsamente il governo cinese di aver commesso un “genocidio” contro le minoranze etniche nello Xinjiang.

Dopo la pubblicazione del rapporto, i politici statunitensi, tra cui l’allora Segretario di Stato Mike Pompeo, l’ambasciatore generale per la libertà religiosa internazionale Sam Brownback, il senatore Marco Rubio e il rappresentante della Camera Jim McGovern si sono immediatamente schierati per sollevare l’accusa di “genocidio”. Rubio, McGovern, il senatore John Cornyn e il senatore Robert Menendez hanno continuato a sollecitare l’amministrazione a definire come genocidio la politica cinese sullo Xinjiang. Contraddicendo la conclusione raggiunta dagli avvocati dell’Ufficio del consulente legale del Dipartimento di Stato, Pompeo ha annunciato che “ho stabilito che la Repubblica Popolare Cinese sta commettendo un genocidio e crimini contro l’umanità nello Xinjiang, in Cina, prendendo di mira i musulmani uiguri e membri di altri gruppi etnici e minoranze religiose”, il 19 gennaio 2021, ultimo giorno della precedente amministrazione. L’attuale amministrazione ha seguito la stessa posizione e ha continuato a denunciare il “genocidio” nello Xinjiang. Questo svela ulteriormente la vera intenzione  degli Stati Uniti di manipolazione politica in nome dei diritti umani.

◆ Il World Uyghur Congress, un’organizzazione separatista anti-cinese, ha assunto persone come Sayragul Sauytbay e Tursunay Ziawudun per fare false dichiarazioni e diffondere ogni tipo di bugia sulla ”persecuzione”. Nelle oltre 70 conferenze stampa tenute finora dalla regione autonoma uigura dello Xinjiang, le falsità diffuse da forze anti-cinesi sono state sfatate con fatti concreti. Ad esempio, alcuni “interpreti” che hanno affermato di essere vittime di sterilizzazione forzata nei centri di istruzione e formazione professionale non lo sono mai stati. I membri della famiglia o gli amici segnalati da alcuni “interpreti” come scomparsi vivono in realtà una vita normale nello Xinjiang.

◆ La falsa affermazione circa “milioni di uiguri detenuti” nei centri di istruzione e formazione è stata avviata e diffusa da “Chinese Human Rights Defenders”, una ONG sostenuta dal governo degli Stati Uniti. Sulla base di interviste con otto uiguri e stime approssimative, l’organizzazione è giunta all’assurda conclusione che almeno il 10 per cento dei 20 milioni di persone nello Xinjiang è detenuto in “campi di rieducazione”.

I centri di istruzione e formazione nello Xinjiang non sono di natura diversa dai centri di deradicalizzazione o dai programmi di correzione e desistenza e disimpegno della comunità in molti altri Paesi. Si sono dimostrati un’esplorazione di successo nell’antiterrorismo preventivo e nella deradicalizzazione, coerentemente con il principio e lo spirito delle rissoluzioni sull’antiterrorismo tra cui la Strategia globale delle Nazioni Unite contro il terrorismo e il Piano d’azione delle Nazioni Unite per prevenire l’estremismo violento. Nei centri, i tirocinanti acquisiscono una maggiore competenza nella lingua cinese parlata e scritta standard e nell’occupabilità, e acquisiscono un più forte senso di identità nazionale, cittadinanza e Stato di diritto. Entro ottobre 2019, tutti i tirocinanti si erano diplomati dai centri. La maggior parte di loro ha un’occupazione stabile dopo aver trovato lavoro da soli o con l’aiuto del governo, o aver avviato un’attività in proprio.

◆ Gli Stati Uniti e alcuni altri Paesi occidentali hanno sollevato una questione di diritti umani nello Xinjiang in totale disprezzo della realtà fondamentale della protezione e sviluppo dei diritti umani nel Paese. Per loro è diventato un mezzo per raggiungere il loro obiettivo strategico di usare lo Xinjiang come pretesto per contenere la Cina. Lawrence Wilkerson, colonnello in pensione dell’esercito degli Stati Uniti e capo di stato maggiore dell’ex segretario di Stato Colin Powell, ha dichiarato pubblicamente nell’agosto 2018 che uno dei tre scopi della presenza dell’esercito americano in Afghanistan è il contenimento della Cina — “Se la CIA volesse destabilizzare la Cina, questo sarebbe il modo migliore per farlo: creare un’inquietudine e unirsi a quegli uiguri nello spingere Pechino dall’interno piuttosto che dall’esterno”.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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